Non so se riuscirò a rendere l'idea di ciò che ho visto, sentito, e respirato ieri in valle di Cogne... ma ci provo..
Testa del Gavio 3047 m, 29 settembre 2007
“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”Sono di nuovo in questa valle. Risalgo la strada per Cogne, in questa fredda mattina di fine settembre. Arrivo su, parcheggio, parto nell’aria frizzante del mattino, attraverso i prati di S. Orso, ed ecco il sentiero per il Pousset. Il cielo si sgombra dalle ultime nubi, il sole inonda la valle, regalando colori e luci splendidamente autunnali, con la neve dei giorni scorsi che dà un anticipo di inverno.
Sono solo, in tutto il giorno la mia compagnia saranno i silenzi, i colori, gli odori del Parco del Gran Paradiso. Salgo per il famigliare sentiero, incontro presto i primi camosci nel bosco. Poi uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro dei grandi larici. Il pensiero corre ad un mese e mezzo fa, l’ultima volta che ho percorso questo sentiero… Mentre penso a questo, una volpacchiotta mi passa a poca distanza, e si inoltra nuovamente tra gli alberi. Anche se sono stato su di qui molte volte, c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere, qualcosa che le volte prima non avevo notato… una pianta, un angolo di bosco, una roccia particolare…
Arrivo ai casolari di Les Ors, mi concedo una bella pausa al sole. L’aria è fredda, osservo un branco di almeno trenta camosci che pascola tra i prati ancora brinati. Riparto, a fianco dal sentiero ecco uno stambecco di 7-8 anni, solitario, mentre poco più in basso gli fa compagnia un camoscio. Raggiungo presto il bivio del Pousset: abbandono questo sentiero, e mi inoltro in zona a me sconosciuta, tanti anni che vengo in questa valle e mai sono andato nel vallone di Vermiana. Il sentiero è bello tracciato, il vallone deserto. Deserto da persone, ma di animali no… due giovani femmine di stambecco mi osservano da poca distanza coi loro piccoli, teneri e curiosi, con la dovuta paura dell’uomo, infatti più mi avvicino mentre cammino sul sentiero, e più loro salgono per il pendio e le rocce. Nemmeno il tempo di riprendere i miei passi, e quasi mi spaventa uno stormo di pernici che prende il volo con un gran rumore. Non ho il tempo di fotografarle, rimarranno impresse nei miei occhi e nella mia mente.
Continuo per la mia strada, ancora camosci, ancora giovani stambecchi in branco al pascolo. Salgo di quota, arrivo alle Alpi Vermiana superiore 2387 m, in rovina anch’esse. Da qui in poi comincia la neve pressoché continua al suolo. Non molta, dai 5 ai 10 cm, ma di quella infida che nasconde i buchi tra le rocce e rende scivoloso il sentiero. Entro pure in ombra, sotto la verticale parete nord del Monte Herban, montagna che ho salito a metà giugno di quest’anno. Per di più la neve copre i segni e gli ometti, e perdo il sentiero. Salgo con attenzione e rischiando qualche volta la caviglia, cercando di individuare la traccia. Dopo diversi “porchi e straporchi” per le continue scivolate, mi decido a tirar fuori ghette e bastoncini. Mi fermo pochi minuti e presto mi assale la morsa del freddo, soprattutto alle mani. Riprendo il cammino di gran lena, per uscire al sole, appena lo raggiungo il suo tepore mi scalda e mi rilassa.
Mi guardo intorno, sono a oltre 2500 m, solitudine totale. Percorro quello che è chiamato il Pian Vario, innevato sul lato nord, con solo più chiazze di neve su quello sud, è bicolore, bellissimo, e splendidamente autunnale. L’aquila volteggia sulla mia testa, poco oltre un camoscio corre in mezzo alla neve. Sullo sfondo, dietro la mia meta, appare anche la Punta Rossa della Grivola, bella innevata. Mentre salgo mille pensieri mi girano per la testa, proseguo nel silenzio, ma son contento di essere quassù oggi, immerso totalmente nella natura. Arrivo fino a 2900 m circa, poi abbandono il sentiero che porta al colle della Rossa, e piego di 180° verso est, salendo per pendii erbosi, liberi da neve, ed arrivando sul dosso erboso e detritico che porta alla cima della Testa del Gavio. Sono diversi anni che vedo questo cocuzzolo e questi valloni dal colle della Rossa e volevo venire qui in esplorazione. Oggi era la giornata giusta. L’aria si fa sempre più fredda, c’è un gelido e fastidioso vento da sud-ovest, arrivo finalmente sulla sommità della Testa del Gavio 3047 m, che divide i valloni del Pousset e di Vermiana, entrambi ai miei piedi. Il panorama, dal Monte Bianco all’Herbetet è grandioso, il vento fa turbinare la neve sulla parete nord della Roccia Viva e della Becca di Gay.
Mi cerco un posto riparato per mangiare, in totale solitudine. Qualche velatura solca il cielo, il silenzio è sempre quasi irreale. Osservo la Punta Rossa della Grivola. Un mulinello di neve creato dal neve parte dalla vetta e percorre in discesa tutta la cresta. Penso ad un mese e mezzo fa quando ero lassù, e a chi ho accompagnato su quella cima una mattina di metà agosto. Mi volto verso est, e affido un saluto al vento, mentre le faville di neve si disperdono nel cielo.
Il freddo mi spinge a scendere. Mentre lascio la vetta, un camoscio zoppicante arriva a sorpresa dal vallone di Vermiana, mi vede e dopo qualche esitazione, scappa, correndo in maniera scomposta, attraversando tutta la cresta, e sparendo sul versante opposto A malincuore mi incammino verso valle, decido di tentare la discesa nel vallone del Pousset. Non vedo sentieri, solo qualche rado ometto mezzo distrutto e qualche vecchia traccia si intuisce sotto la neve. Attraverso angoli davvero selvaggi, scendo ancora, arrivo ad un pendio innevato che mi fa tribolare un po’, più che altro perché la neve leggera e scivolosa nasconde delle rocce montonate, e mi sembra di camminare sulle uova.. rischio un paio di volte lo scivolone, che comunque non sarebbe stato pericoloso, e finalmente ritrovo una traccia. Che però perdo nuovamente, non è facile con questa neve seguire la retta via… Volevo scendere direttamente sull’alpe del Pousset superiore, e sui bei pianori che la circondano, però non sono sicuro che si passi là sotto. Per evitare di mettermi nei casini, decido di raggiungere una bella traccia che vedo sul versante opposto a quello dove sono io. Un traverso fastidioso su neve e vecchie tracce, e finalmente raggiungo quel bel sentiero. Non c’è più neve ora, si cammina bene.
Incontro un piccolo branco di giovani stambecchi curiosi, ed eccomi sul famigliare sentiero del Pousset. Mi giro verso il colle, lassù nascosto c’è il bivacco Gratton. Bei ricordi lassù.. Scendo rapidamente, alle baite mi concedo una sosta, ho sete e bisogno di bere acqua fresca. Mi guardo intorno, non c’è nessuno nemmeno qui. Mi sdraio sull’erba secca, chiudo gli occhi, mi assopisco 5 minuti cullato dal suono dell’acqua che scorre.
Mi sveglio quasi per caso, sono già le 15.30, e la strada per il fondovalle è ancora lunga. Decido di fare ancora una variante, voglio provare a scendere passando dall’alpe Pousset inferiore, e di lì ritornare a Les Ors. Non trovo subito il sentiero segnato, e scendo quindi per vecchie tracce, sentieri che collegavano gli alpeggi, sentieri abbandonati da molto tempo. Ecco là sotto nel pianoro il sentiero “ufficiale”. Lo raggiungo, scendo nel bosco, tralascio la diramazione per il casotto del Trajo, e arrivo finalmente alle caratteristiche baite in legno del Pousset inferiore. Qualche foto, poi lascio anche queste, e mi inoltro nuovamente nel bosco. Mi trovo davanti quasi a sorpresa, dietro un masso, una femmina di camoscio col suo cucciolo, tenerissimo. Il bel sentiero attraversa la montagna, e passando per angoli assai suggestivi, e scorci sulle Grand Jorasses, arrivo a Les Ors, ormai in ombra.
Mentre scendo, da dietro le baite scatta uno stambecco dalle corna enormi, avrà almeno 13 o 14 anni a contare gli anelli. E’ un vecchio maschio solitario, infatti non è molto propenso a farsi fotografare, quando assume un’aria poco promettente, lo lascio al suo pascolo, e proseguo la mia discesa. Osservo la luce radente sui pascoli, e noto la volpe che li attraversa, causando poco dopo la fuga del branco di camosci che stazionava lì da stamattina. Vedere 25-30 camosci che scattano e corrono tutti insieme, attraversando il valloncello, mi fa capire quanto amo questa natura, libera e selvaggia.
Riprendo il cammino, l’ultimo sole mi bacia tra i larici, lo saluto ed entro nell’ombra, e giù per il ripido sentiero, con gli ormai consueti incontri coi camosci. Noto le orme sul terreno: ci sono solo le mie di stamattina, in salita. In tutto il giorno oggi nessuno è salito al Pousset oltre a me. Io ero l’unico essere umano in entrambi i valloni. Questa cosa mi emoziona, tutto quel silenzio, quelle rocce, quella neve, quei colori, quegli odori, quella natura oggi era davvero tutta e solo per me.
Sono quasi a Cogne, l’aria è fredda, l’ultima rampa, ecco i prati di S.Orso, ritrovo la civiltà, ecco la macchina.
L’avventura è finita, il sole ha lasciato anche il paese e si sta ritirando su nel vallone del Grauson. Faccio un breve giro per il paese, poi lancio uno sguardo ad un raggio di sole che sfiora la vetta del Pousset, immagino ciò che ho visto oggi su di là, ripercorro in pochi secondi le sensazioni provate in questa giornata, penso a quanto amo questa valle, che se un giorno non avrò più la fortuna di averla così a portata di mano, l’avrò sempre nel cuore, perché qui è cominciata la mia passione per l’andar per monti, qui è cominciato
tutto.
Lancio un saluto ai silenzi di Vermiana e del Pousset, al freddo che arriva ed alla sera imminente, chiudo la portiera, un pensiero ad est, e via verso il calore di casa.
Foto su:
www.roby4061.it/photobook/gavio.htm