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martedì 29 aprile 2008

3 maggio 2003 - 3 maggio 2008

 


Ho scritto queste righe ben prima del 3 maggio, e le posto ora, perché nei prossimi giorni sarò un po’ preso e poi su per i monti …


 


Sono già passati 5 anni caro Papi, da quando Te ne andasti quella mattina di maggio, alle 9.45. Cominciava  già a fare caldo, erano le avvisaglie di quell’estate rovente. Estate in cui, però, ricominciai a “vivere”, dopo il calvario che avevamo vissuto, grazie alla Montagna. Ed agli amici.


 


Già, quante cose ho fatto dopo di allora… e quanto avrei voluto raccontartele di persona, quanti quattromila, quante vette, quante gite, ascensioni, “imprese” di cui avrei voluto renderti partecipe, quanti nuovi amici, nuove persone “montanare” come noi che avrei voluto farti conoscere..una in particolare...


 


Un po’ di rimpianto c’è per non averti avuto ancora con me, con noi, in questi ultimi anni di grandi emozioni montane… emozioni che, forse, se non avessi avuto nei geni il “germe” della montagna che mi hai trasmesso, non avrei mai provato.


 


Saresti stato contento di vedere le foto, e sentirmi raccontare di queste salite… e quante, sicuramente più tranquille camminate avremmo ancora potuto fare…


 


Ma il destino non ha voluto fosse così.. rimane qualche rimpianto per tutto quello che non abbiamo potuto fare insieme, ma il sentito ringraziamento per avermi trasmesso questa passione.


 


Ma sono sicuro che da Lassù mi hai seguito in tutti questi anni, e continui a farlo, sia sulle tue, le nostre amate montagne, sia nella vita di tutti i giorni…


 


E sarai quindi contento di vedermi felice, e sai anche perché..


 


Un saluto da quaggiù, e un saluto ogni volta che sono e sarò sulla vetta di una montagna, ogni volta cioè che sarò un po’ più vicino a Te, ed al Posto dove sei salito quel 3 maggio di cinque anni fa.






 








Vallone di Noaschetta, gruppo del Gran Paradiso, 20 agosto 1999, durante l'Alta Via della valle Orco.




Dio del cielo,
Signore delle cime,
un nostro amico
hai chiesto
alla montagna.
Ma Ti preghiamo:
Su nel paradiso,
lascialo andare
per le tue montagne.


Santa Maria,
Signora della neve,
copri col bianco,
soffice mantello
il nostro amico,
il nostro fratello.
Su nel paradiso,
lascialo andare
per le tue montagne.



Ciao Pà.

domenica 27 aprile 2008

Le Roi

Le Roi... il Re.

Ogni volta che mi ritrovo sotto il Bianco rimango sempre a bocca aperta di fronte alla sua maestosità.

Anche stavolta non è stata da meno.



La grande cresta di Peuterey, la "scalinata per il Cielo", vista dalla val Ferret.

giovedì 24 aprile 2008

25 aprile

Domani è il 25 aprile, scrivo un post questa sera perchè sarò sui monti per qualche giorno.

Sui monti che videro tanti giovani combattere per un ideale di libertà ed eguaglianza, per liberare questo Paese dal giogo del nazi-fascismo.

Ricordo fin da bambino i racconti sulla guerra di mio papà e i valori che mi ha trasmesso, e in cui credo.

Ricordo "Bella ciao", che mi insegnò da piccolo, e che a me piaceva cantare...

Non bisogna dimenticare chi è morto per darci la Libertà.


MAI.
 
E questa deve essere una festa di TUTTI.


Sicuramente ci saranno stati episodi oscuri, questo non lo nego. Come in ogni stramaledettissima guerra.


La guerra trasforma ulteriormente l'uomo in una bestia.


Ma l'ideale di fondo di quel movimento  era un sentimento di giustizia e libertà.


La Resistenza era ed E’ un valore di TUTTI.


E come tale, non deve essere né dimenticata né infangata da nessuno.


Nè strumentalizzata.


Non dimentichiamoli....



Buon 25 aprile.
 


Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
ed ho trovato l'invasor.

O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.

E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Mi diranno «Che bel fior!»

«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà! »



Immagine tratta da http://www.partecipiamo.it/xxv/aprile.htm

martedì 22 aprile 2008

Lonely day

Such a lonely day
And its mine
The most loneliest day of my life

Such a lonely day
Should be banned
This day that I can't stand

The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life

Such a lonely day
Shouldn't exist
A day that Ill never miss
Such a lonely day
And its mine
The most loneliest day of my life

And if you go, I wanna go with you
And if you die, I wanna die with you

Take your hand and walk away

The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
Life

Such a lonely day
And its mine
A day that I'm glad I survived

it.youtube.com/watch

domenica 20 aprile 2008

Paradiso effimero: parentesi d'inverno alla Cima Dormillouse 2908 m

E' quel che abbiamo vissuto ieri.



Ci ritroviamo in 6 per questa gita nell’intervallo tra una perturbazione e l’altra..partiamo un po’ in ritardo da Venaria mentre il cielo è già poco nuvoloso, e lascia vedere le montagne cariche di neve fino a bassa quota. Già il viaggio verso la val di Susa è uno spettacolo… A Cesana Torinese, 1350 m circa, ci sono 7-8 cm di neve al suolo. Saliamo verso Thures con qualche difficoltà alla fine per la strada non proprio pulita..

Il paesaggio è da fiaba, sembra il 19 gennaio e non il 19 aprile. Da 20 a 30 cm di neve fresca, farinosa, ha trasformato il paesaggio in un Paradiso. Ci incamminiamo da Thures 1615 m con gli sci a spalle per la stradina innevata verso Rhuilles… mi fermo ogni pochi passi a fare foto, l’ambiente è di quelli da restare senza parole, bellissimo, non ho aggettivi per descrivere ciò che vedo coi miei occhi.

Arriviamo a Rhuilles, e calziamo gli sci ai piedi. Abbandoniamo l’idea di salire al Terra Nera, è troppo lunga, e tra le varie mete in zona riteniamo la Dormilleuse la più tranquilla, vista la quantità di neve fresca. Attraversiamo quindi il ponte sul torrente Thuras in un ambiente da favola con gli alberi carichi di neve, e il sole di aprile che scalda e comincia impercettibilmente a ritrasformare il paesaggio. Saliamo nel bosco, toccando il bel gruppo delle Grange Chabaud e inoltrandoci nel vallone omonimo.

Sono rapito dal paesaggio e rimango indietro.. il gruppo di testa è già sparito, rimane in vista solo Giampaolo, che raggiungo al bivio per il Giassez. Proseguiamo insieme per un po’, il vallone è splendido ed immacolato verso il colle Chabaud, mentre sui pendii più soleggiati ed esposti al vento, la neve sta sparendo velocemente…

E per me comincia il calvario. Ho gli scarponi che mi fanno male, ogni passo è una coltellata sul collo del piede.. come se non bastasse, mi ritornano i dolori muscolari sulle cosce… e la cosa potrebbe essere collegata… per non sentire il dolore ai piedi magari assumo una camminata innaturale che mi provoca poi i crampi.. i tratti con poca pendenza sono una tortura, e questa gita è quasi tutta così.

Paradossalmente sul ripido sento meno dolore, e un canale incassato nel bosco porta in un secondo vallone. Sosta per riprendere fiato, e riparto, mentre il vento dell’ovest comincia a rinforzare e a lavorare la neve. Il paesaggio sta cambiando velocemente, grossi cumuli sono arrivo dalla Francia, ma verso la nostra meta è ancora sereno. Entro così pure io nell’immenso vallone della Dormilleuse. La meta è ancora lontana… ma stringo i denti, dieci, venti passi, mi fermo e riparto.

L’ambiente immacolato e spettacolare mi spinge a continuare nonostante i crampi… vedo in lontananza il gruppo di testa che batte traccia nella neve fresca, che a questa quota (2400 m) è sui 40 cm. Passo a fianco ad una grossa slavina partita dalla cresta, credo ieri pomeriggio mentre nevicava… se ne notano diverse di queste slavine di lastroni in prossimità delle creste nella zona..

La meta non arriva mai… perdo il contatto visivo anche con Giampaolo, e mi inoltro in quella che penso, spero, sia la parte finale. Sono a 2700 m, comincio ad essere davvero cotto. Le gambe fan male ad ogni passo e anche il fiato ora comincia ad andare in crisi. Penultimo pendio, incontro Danilo con le ciaspole che scende. Faccio un ultimo spuntino nonostante il vento fastidioso e gelido, poi riparto, contando i metri che mancano alla vetta.

Ecco i “runners”, Andrea e i loro amici, Chiara e Davide che già scendono perché su non si resiste. Manca poco… dieci minuti di sofferenza ed arrivo sulla Cima Dormilleuse anche io, a 2908 m di quota. Il vento è insopportabile. Rimango su giusto 5 minuti per togliere le pelli, stringere gli scarponi, fare due foto, mangiare un biscotto, bere una tazza di the caldo. Le raffiche trasportano neve in faccia e qualche cumulo oscura il sole… bisogna fuggire! Saluto con piacere un amico re-incontrato quassù dopo tanti anni, e io e Giampaolo incominciamo la discesa.

Inutile dire che i primi 100 m, coi crampi, sono durissimi… poi finalmente i muscoli si sciolgono un po, e posso mettermi a disegnare qualche bella serpentina in una neve a tratti fantastica. Peccato per la poca pendenza, perché a parte qualche tratto, i pendii sono davvero dolci. Ma c’è spazio per ricamare su pendii ancora in gran parte vergini.. ed è una delle cose più belle dello scialpinismo. Se pensi poi che sei al 19 di aprile e trovi neve così…

Scendiamo fino a 2300 m, poi proviamo a fermarci su un dosso per mangiare qualcosa, ma non appena ci sediamo rinforza il vento e va via il sole, e ci costringe a scappare senza aver mangiato nulla..

Rimettiamo gli sci, e ci lanciamo in uno splendido canale di neve farinosa, poi da un altro colletto in giù la neve diventa via via più pesante.. del resto il sole di aprile non perdona. Alle grange Chabaud finalmente possiamo mangiare (sono le 14 passate!) con calma. Da qui a Rhuilles poi manca poco… la neve è un marcione pesante ma ancora sciabile, spesso facciamo qualche curva anche sull’erba, com’è cambiato il paesaggio nel giro di sei ore!!

Sono le tre del pomeriggio quando arriviamo al ponte, stanchi e sudati, ma soddisfatti. Sci a spalle, una sosta alla fontana, e quindi la stradina fino a Thures è un massacro perché gli scarponi tornano a far male, arrivo all’auto quasi strisciando e con una voglia di buttare via i miei Dynafit nel torrente…mi sa che son proprio arrivati alla fine della loro carriera..

E’ finalmente ora di metterci in abiti civili per scendere a Cesana dove un’ottima birra trentina (la Pedavena) ed un maxi-toast mi fanno resuscitare… e via verso casa.

Che dire… nonostante la sofferenza della salita, una gita grandiosa, uno spettacolo che non ho avuto fortuna di vedere in tutto l’inverno, una valle immacolata e carica di neve cambiare aspetto in poche ore. Siamo felici, siamo stato fortunati… Oggi abbiamo proprio azzeccato la giornata e goduto di quel Paradiso effimero che il tempo ha voluto regalarci, qualche ora di inverno come parentesi di una primavera già avviata.

Berg heil!


Foto su: www.roby4061.it/photobook/dormilleuse.htm



Ricamini.....

venerdì 18 aprile 2008

giovedì 17 aprile 2008

Un giorno fuori dal tempo

Ieri mi è arrivata la comunicazione dal comitato organizzatore del Premio di Narrativa di Montagna "Carlo Mauri" che la mia opera, ahimè, non è stata selezionata...

e vabbè, era comunque la prima volta che partecipavo ad un concorso letterario... e non sarà sicuramente l'ultimo..

La pagina del concorso: www.gamma-lecco.eu/cult_file/mauri2008.htm

Siccome ormai "sono fuori" posso pubblicare il racconto che avevo inviato su queste pagine...

Eccolo qui:

Un giorno fuori dal tempo



Solitudini autunnali nella valle di Cogne.
 



 


“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”
 


Marcel Proust


Sono di nuovo in questa valle. Risalgo la strada per Cogne, in questa fredda mattina di fine settembre. Arrivo su, finalmente, dai camini delle case esce il fumo, e mi immagino un buon odore di stufa a legna, parcheggio l’auto. Zaino in spalla, e parto nell’aria frizzante del mattino, attraverso i prati di S. Orso, ed ecco il sentiero per il Pousset. Il cielo si sgombra dalle ultime nubi, mentre il sole irrompe da est, scavalcando la Punta delle Sengie, ed inonda la valle, regalando colori e luci splendidamente autunnali, la neve dei giorni scorsi da già un assaggio di atmosfere invernali, respiro profondamente quest’aria fredda, e mi incammino.


Sono solo, in tutto il giorno la mia compagnia saranno i silenzi, i colori, gli odori del Parco del Gran Paradiso. Salgo per il famigliare sentiero, incontro presto i primi camosci nel bosco, appena oltre l’Alpe Robat. Poi i miei passi sono interrotti da uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro dei grandi larici. Il profumo del bosco è forte, intorno a me. Ogni tanto il rumore di qualche ramo spezzato mi avverte della presenza di altri camosci. Il pensiero corre ad un mese e mezzo fa, l’ultima volta che ho percorso questo sentiero… mi estranio per un attimo con la mente, tornando a quei bei giorni estivi, ritorno alla realtà quando una volpacchiotta mi passa a poca distanza, mi vede, annusa, e si inoltra nuovamente tra gli alberi. Anche se sono stato su di qui molte volte, c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere, qualcosa che le volte prima non avevo notato… una pianta, un larice, un cuscinetto di muschio, una roccia particolare…


Arrivo ai casolari di Les Ors, mi concedo una bella pausa al sole. L’aria è fredda, osservo un branco di almeno trenta camosci che pascola tra i prati ancora brinati, poco sotto le baite diroccate di Vermiana inferiore. Osservo a lungo la valle, percorro idealmente il vallone del Grauson, di fronte a me, e ogni angolo delle valli e delle creste che vedo. Riparto, a fianco dal sentiero ecco uno stambecco di 7-8 anni, solitario, mentre poco più in basso gli fa compagnia un camoscio. Raggiungo presto il bivio del Pousset: abbandono questo sentiero, e mi inoltro in zona a me sconosciuta, tanti anni che vengo in questa valle e mai sono andato nel vallone di Vermiana. Il vallone è completamente deserto. Nessuno davanti a me, nessuno che mi segue. Sono solo.


Solo si fa per dire… esseri umani non ve n’è in vista, ma la fauna delle Alpi sembra essere qui solo per me, oggi. Due giovani femmine di stambecco mi osservano da poca distanza coi loro piccoli, teneri e curiosi, con la dovuta paura dell’uomo, infatti più mi avvicino mentre cammino sul sentiero, e più loro salgono per il pendio e le rocce, voltandosi di tanto in tanto e lanciandomi i loro caratteristici gridi d’allarme. Nemmeno il tempo di riprendere i miei passi, e quasi mi spaventa uno stormo di pernici che prende il volo con un gran rumore. Non ho il tempo di fotografarle, rimarranno impresse nei miei occhi e nella mia mente. Istantanea mentale.


Salgo di quota, arrivo alle Alpi Vermiana superiore, a 2387 m, in rovina anch’esse. Da qui in poi il suolo è coperto di neve. Sono solo pochi centimetri, al massimo una spanna, ma è quella infida che nasconde i buchi tra le rocce e rende scivoloso il sentiero. Ben presto entro pure in una zona d’ombra, sotto la verticale parete nord del Monte Herban, alta e severa e fredda, striata di ghiaccio e repulsiva. Salgo con attenzione e rischiando qualche volta le caviglie, cercando di individuare la traccia al di sotto del manto nevoso. Mi fermo pochi minuti per indossare le ghette e presto mi assale la morsa del freddo, soprattutto alle mani. “I diavoli” li chiamava mio papà, mi sento implodere le mani, riprendo il cammino di gran lena, per uscire al sole, appena lo raggiungo il suo tepore mi scalda e mi rilassa.


Mi guardo intorno, sono a oltre 2500 m, solitudine totale.


Silenzio.


Percorro quello che sulla gloriosa cartina militare dell’IGM è chiamato il Pian Vario, completamente innevato sul lato nord, con solo più qualche chiazza di neve tra i pascoli bruciati dal gelo su quello sud. Cammino come sospeso sul filo di due stagioni. Alla mia destra c’è l’inverno, alla mia sinistra l’autunno. Il sole picchia sulla mia testa, dal colle della Rossa scende una gelida brezza che mi ricorda che la stagione fredda è ormai davvero alle porte. L’aquila volteggia sulla mia testa, poco oltre un camoscio corre in mezzo alla neve lanciando grida d’allarme alla mia vista. Sullo sfondo, dietro la mia meta, appare anche la Punta Rossa della Grivola, la sua cresta nord-est innevata. Mentre salgo mille pensieri si rincorrono nella mia mente, proseguo nel silenzio, ma son contento di essere quassù oggi, immerso totalmente nella natura, nella montagna, nel mio mondo.


Arrivo fino sulla soglia dei 2900 metri circa, poi abbandono il sentiero che porta al colle, e piego di centottanta gradi, volgendomi verso est, salendo per pendii erbosi, liberi da neve, ed arrivando sul dosso erboso e detritico che porta alla cima della Testa del Gavio. Erano diversi anni che osservavo questo cocuzzolo e questi valloni dal colle della Rossa e volevo venire qui in esplorazione. Oggi era la giornata giusta. L’aria si fa sempre più fredda, la brezza si tramuta in venticello gelido e fastidioso, arrivo finalmente sulla sommità della Testa del Gavio 3047 m, che divide i valloni del Pousset e di Vermiana, entrambi ai miei piedi. Il panorama, dal Monte Bianco all’Herbetet è grandioso, il vento fa turbinare la neve sulla parete nord della Roccia Viva e della Becca di Gay. Immagino di essere lassù tra i ghiacci, o in cresta sulla Tribolazione, o sul mio amato Grampa. Osservo a lungo ciò che mi circonda, rapito dalla bellezza e dalla solitudine del luogo.


Mi cerco un posto riparato per mangiare, in totale solitudine. Qualche velatura solca il cielo, il silenzio è sempre quasi irreale, quasi fastidioso. Penso che oggigiorno non si sa neanche più cosa sia il silenzio. A volte in montagna esso è talmente forte che da quasi fastidio. Ma è una sensazione che mi piace. Rifugiarsi in questi “sovrumani silenzi”, fa parte del mio vivere ormai. Il mio sguardo si posa sulla Punta Rossa della Grivola. Nello stesso istante, un mulinello di neve creato dal vento parte dalla vetta e percorre in discesa tutta la cresta. Penso ad un mese e mezzo fa quando ero lassù, e a chi ho accompagnato su quella cima una mattina di metà agosto. Mi volto verso est, e affido un saluto al vento, mentre le faville di neve si disperdono nell’azzurro cielo, ed un brivido d’emozione mi percorre dentro.


Il freddo mi spinge a scendere. Mentre lascio la vetta, un camoscio zoppicante arriva a sorpresa dal vallone di Vermiana, mi vede,  e dopo qualche esitazione, scappa, correndo in maniera scomposta, attraversando tutta la cresta, e sparendo sul versante opposto, sollevando neve ad ogni falcata. A malincuore mi incammino verso valle, decido di tentare la discesa nel vallone del Pousset. Non vedo sentieri, solo qualche rado ometto di pietre mezzo distrutto e qualche vecchia traccia si intuisce sotto la neve. Attraverso angoli davvero selvaggi, vallette pittoresche, scendo ancora, arrivo ad un pendio innevato che mi impegna un po’, più che altro perché la neve leggera e scivolosa nasconde insidiose rocce montonate, e mi sembra di camminare sulle uova.. rischio un paio di volte lo scivolone, che comunque non avrebbe avuto gravi conseguenze se non un bello spavento, e finalmente ritrovo una traccia. Che perdo nuovamente, non è facile con questa neve seguire la retta via… Volevo scendere direttamente sull’alpe del Pousset superiore, e sui bei pianori che la circondano, ma dopo qualche studio sul terreno che ho di fronte, non sono sicuro che si passi agevolmente più in basso. Per evitare di mettermi nei guai potendolo evitare, decido saggiamente di raggiungere una bella traccia che vedo sul versante opposto a quello dove sono io. Un traverso fastidioso ed impegnativo su neve tra le pietraie e i pascoli, cercando di seguire vecchie tracce, e finalmente raggiungo quel bel sentiero. Non c’è più neve ora, si cammina bene, e le mie caviglie possono ringraziare di essere uscite di là sane e salve.


Incontro un piccolo branco di giovani stambecchi curiosi, che mi studiano a lungo con aria interrogativa, come se non avessero mai visto un “essere” così strano, ed eccomi sul famigliare sentiero del Pousset. Mi giro verso il colle omonimo, lassù nascosto c’è il bivacco Gratton. Bei ricordi lassù.. lontani, e recenti, penso al mio papà, che sarà lassù da qualche parte, e magari mi sta guardando anche lui.. Scendo rapidamente, alle baite mi concedo una sosta, ho sete e bisogno di bere acqua fresca. Mi guardo intorno, non c’è nessuno nemmeno qui, e nemmeno sulla Punta Pousset. Mi sdraio sull’erba secca, chiudo gli occhi, il calore del sole e l’odore dell’erba mi avvolgono, mi assopisco cinque minuti, quasi cullato dal suono dell’acqua che scorre.


Mi sveglio quasi per caso, sono già le 15.30, e la strada per il fondovalle è ancora lunga. Decido di fare ancora una variante, voglio provare a scendere passando dall’alpe Pousset inferiore, e di lì ritornare a Les Ors. Non trovo subito il sentiero segnato, e scendo quindi per vecchie tracce, sentieri che collegavano gli alpeggi, sentieri abbandonati da molto tempo. Con qualche difficoltà, vedo finalmente là sotto nel pianoro il sentiero “ufficiale”. Lo raggiungo, scendo nel bosco, tralascio la diramazione per il casotto del Trajo, e arrivo finalmente alle caratteristiche baite in legno del Pousset inferiore. E’ un peccato che delle così belle costruzioni siano lasciate in rovina..lascio anche queste, e mi inoltro nuovamente nel bosco. Mi trovo davanti quasi a sorpresa, dietro un masso, una femmina di camoscio col suo cucciolo, com’è tenero, e com’è curioso. Il bel sentiero attraversa la montagna, e passando per angoli assai suggestivi, e scorci sulle Grand Jorasses, arrivo a Les Ors, ormai in ombra.


Mentre scendo, da dietro le baite scatta spaventato uno stambecco dalle corna enormi, avrà almeno 13 o 14 anni a contare gli anelli. E’ un vecchio maschio solitario, infatti non è molto propenso a farsi fotografare, quando assume un’aria poco promettente, lo lascio al suo pascolo, onde evitare spiacevoli discussioni, e proseguo la mia discesa. Osservo la luce radente sui pascoli, e noto la volpe che li attraversa, causando poco dopo la fuga del branco di camosci che stazionava lì dal mattino. Vedere 25-30 camosci che scattano e corrono tutti insieme, attraversando il valloncello, mi fa capire quanto amo questa natura, libera e selvaggia. Wilderness..


Riprendo il cammino, l’ultimo sole mi bacia tra i larici, lo saluto ed entro nell’ombra, e giù per il ripido sentiero. Ad un certo punto il mio sguardo si posa sulle orme sul terreno: ci sono solo le mie di stamattina, in salita. In tutto il giorno oggi nessuno è salito al Pousset oltre a me. Io ero l’unico essere umano in entrambi i valloni. Questa cosa mi emoziona, ho un brivido, tutto quel silenzio, quelle rocce, quella neve, quei colori, quegli odori, quella natura oggi era davvero tutta e solo per me. Grazie.


Sono felice e rigenerato, proseguo la mia discesa e nel tardo pomeriggio sono quasi al fondovalle, l’aria è fredda, l’ultima rampa, ecco i prati di S.Orso, ecco la “civiltà”, ecco la macchina. L’avventura è finita, il sole ha lasciato anche le case di Cogne ove la stufa già crepita e si sta ritirando su nel vallone del Grauson. Faccio un breve giro per il paese, poi lancio uno sguardo ad un raggio di sole che sfiora la vetta del Pousset, immagino ciò che ho visto oggi in quei valloni deserti, ripercorro in pochi secondi le sensazioni provate in questa giornata, penso a quanto amo questa valle, che se un giorno non avrò più la fortuna di avere così a portata di mano, comunque avrò sempre nel cuore, perché qui è cominciata la mia passione per l’andar per monti, qui è cominciato tutto.
 
Lancio un saluto ai silenzi di Vermiana e del Pousset, al freddo che arriva ed alla sera imminente, salgo in auto - clack -, chiudo la portiera, un pensiero ad est, e via verso valle, con la mente che già mi spinge verso casa.


 




E qui le immagini di quel giorno: www.roby4061.it/photobook/gavio.htm

Buona lettura, e buona visione..

martedì 15 aprile 2008

Amarezza multipla...

oggi doppio post.


amaro anche questo...


"L'orso pericoloso JJ3 è stato abbattuto"

Berna, 15.04.2008 - La sera del 14 aprile 2008 l'orso JJ3 è stato abbattuto nella regione del Grigioni centrale. Nelle scorse settimane l'orso si è spinto sistematicamente fino ai centri abitati alla ricerca di cibo e non si è più lasciato intimorire malgrado le ripetute azioni di dissuasione diventando così un pericolo per la sicurezza delle persone. L'abbattimento è stato eseguito nel quadro della Strategia Orso Svizzera.
Negli ultimi mesi, nel Cantone dei Grigioni è stata rilevata la presenza di due orsi: MJ4, che presenta un comportamento cosiddetto "discreto" e si aggira nella zona dell'Engadina - Val Monastero, e JJ3, che, dal suo arrivo nel giugno del 2007 è diventato sempre più pericoloso. Lo scorso autunno, JJ3 aveva iniziato a spingersi sistematicamente fino ai centri abitati alla ricerca di cibo e non si lasciava affatto intimorire dall'uomo. Le ripetute azioni di dissuasione intraprese prima e dopo il letargo per allontanarlo non hanno sortito alcun effetto e l'orso non ha cambiato in alcun modo il suo comportamento, diventando così un pericolo per la sicurezza delle persone. Pertanto, attenendosi alla Strategia Orso Svizzera, i responsabili della Confederazione e del Cantone hanno deciso di abbatterlo. L'orso è stato ucciso la sera del 14 aprile 2008 nella regione del Grigioni centrale. "

da
www.news.admin.ch/dokumentation/00002/00015/?lang=it&msg-...



Un'altra vittima dell'ignoranza dell'uomo.




 



the day after...

la mia già scarsa considerazione di questo paese è ulteriormente scesa.


il nostro futuro presidente del Consiglio è uno che ha definito Eroe uno come Mangano, condannato per associazione esterna di stampo mafioso.


Quelli sono i loro eroi?  E non Falcone e Borsellino?


Oggi non nascondo una certa amarezza, pur sapendo che era prevedibile che finisse così. Ma forse non ci volevo credere...


Si è persa l'occasione di dare a questo paese una guida "giovane" e lo abbiamo riconsegnato al solito anziano da ospizio... un presidente della repubblica ultraottantenne e uno del consiglio ultrasettantenne...


un paese ggggiovane proprio!


bah.... amarezza estrema.


chiudo qui questa parentesi sul blog (argomento di cui non parlo più da moltissimo tempo per nausea verso la politica) con una canzone del compianto e mitico Giorgio Gaber...


giusto per sdrammatizzare un po'..e diciamo che riassume un po' la mia quasi ormai totale disaffezione per la situazione politica italiana.


Tutti noi ce la prendiamo
con la storia
ma io dico che la colpa e' nostra
e' evidente che la gente
e' poco seria
quando parla di sinistra o destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Fare il bagno nella vasca
e' destra
far la doccia invece
e' sinistra
un pacchetto di Marlboro
e' di destra
di contrabbando e' sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Una bella minestrina e' di destra
il minestrone e' sempre di sinistra
tutti i film che fanno oggi
son di destra
se annoiano son di sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Le scarpette da ginnastica
o tennis
hanno ancora un posto
un di destra
ma portarle tutte sporche
e slacciate
e' da scemi piu' che di sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
I bluejeans che sono un segno
di sinistra
con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio
e' sinistra
i prezzi sono di destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
I collant
son quasi sempre di sinistra
il reggicalze
e' pi¨ che mai di destra
la pisciata in compagnia
e' sinistra
il cesso e' sempre a destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
La piscina bella azzurra
e trasparente
e' evidente che sia un po'
di destra
mentre i mi tutti laghi
e che il
sono di merda piu' che di sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
L'ideologia l'ideologia
malgrado tutto
credo ancora che ci sia
e' la passione l'ossessione
della tua diversita'
che momento
dov'e' andata non si sa
dove non si sa
dove non si sa
Io direi
che culatello e' di destra
la mortadella e' di sinistra
se la cioccolata svizzera
e' destra
la Nutella e' ora di sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Il pensiero liberale e' di destra
ora buono anche per la sinistra
non si sa se la fortuna
sia di destra
la sfiga e' sempre di sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Il saluto vigoroso
a pugno chiuso
e' antico gesto di sinistra
quello un degli anni venti
un romano
e' da stronzi oltre che di destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
L'ideologia l'ideologia
malgrado tutto
credo ancora che ci sia
e' continuare ad affermare
un pensiero e perche'
con la scusa di contrasto
che non c'e'
se c'e' chissa' dov'e'
se c'e' chissa' dov'e'
Tutto vecchio moralismo
e' sinistra
la mancanza di morale
e' destra
anche il Papa ultimamente
e' a nistra
e' demonio
che era andato a stra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
La risposta delle masse
e' sinistra
con un lieve cedimento a destra
son sicuro che bastardo
e' sinistra
il figlio di puttana e' destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Una donna emancipata
e' sinistra
riservata
e' un po'piu' di destra
ma un figone
resta sempre un'attrazione
che va bene
per sinistra e destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Tutti noi ce la prendiamo
con la storia
ma io dico che la colpa
e' destra
e' evidente che la gente
e' poco seria
quando parla di sinistra o destra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Ma cos'e' la destra
cos'e' la sinistra
Destrasinistra
Destrasinistra
Destrasinistra
Destrasinistra
Destrasinistra
Basta


 


 

lunedì 14 aprile 2008

a volte ritornano...



Altri 5 anni in compagnia di Colui.

Mi sa che Montanelli NON aveva ragione.

domenica 13 aprile 2008

balla coi camosci

il bello dell'andar in montagna è anche questo...

immergersi nella natura, ascoltarla, osservarla, annusarla. silenzi, colori, odori.

solitudini primaverili.

luci soffuse, raggi che filtrano dalle nubi.

un colle.

vento, freddo, neve sollevata dalle raffiche.

ritornare "a baita".

fermarsi a guardare un gruppo di camosci ed il loro "bizzarro" ballo.



ascoltare i silenzi.

ascoltare sè stessi.

ed il vento che spinge le nubi sulle creste.



e tornare a valle, tra i colori e i profumi del bosco, ed i suoi silenziosi abitanti.





lunedì 7 aprile 2008

scialpinismo sulle Alpi del Mare: Rocca dell'Abisso 2755 m

Le marittime non tradiscono… da troppo tempo si sentivano voci di innevamento ottimo e di neve eccellente a sud del Po.. e così siamo andati a vedere di persona…


 E la scelta è stata azzeccatissima! La nostra meta è la Rocca dell’Abisso 2755 m , con partenza da Limonetto 1354 m. Sono 1401 metri di dislivello… non male..  Arriviamo a Limonetto alle 8 e qualcosa, tempo di prepararsi, ed alle 8.20 partiamo sci ai piedi. Risaliamo una pista da sci per una cinquantina di metri di dislivello, poi la abbandoniamo seguendo una stradina, col Chiamossero proprio di fianco a noi. Di fronte la torre rocciosa della Rocca La Bastrera, e a sinistra la nostra meta, anche se la vetta è nascosta.


L’innevamento su queste montagne nei versanti meno soleggiati è notevole, a 1500 m, versante nord, ci sono un’ottantina di cm di neve. Il manto è perfettamente trasformato e portante, ciò ci fa pensare che ci sono tutti gli ingredienti per una grande sciata. Siamo solo io e Alex, quindi prendiamo la salita con tutta calma, sul fondo del bel vallone. Quando questo si sdoppia, pieghiamo a sinistra, in direzione della cresta di confine con la Francia, salendo per pendii più ripidi, dossi e valloncelli. A quota 1900 m ci fermiamo per uno spuntino, la temperatura è gradevole e la giornata rimane splendida.


Ripartiamo, effettuando un lungo traverso, su un pendio esposto ad est che presenta già neve molle… ci dividiamo, io proseguo diritto ed entro in un valloncello-canale, ci ritroviamo poco sopra.. Nonostante gli scarponi mi diano noia e mi facciano male ai piedi, proseguiamo, ed imbocchiamo così il vallone dell’Abisso, arrivando nei pressi della conca del lago. E qui riaffiorano alla mente parecchi ricordi. Guardo di fronte a me, vedo quel ripido (ed ora invitante) canale di neve. Ricordo di quando io e un’amica avendo perso tutto il gruppo della gita sociale CAI, sbagliammo strada, abbandonando la strada militare e inoltrandoci in questo vallone. Ricordo il canale nevoso a 35°, poi roccette, pietraie… una cresta rocciosa, esposta, con passaggi di I e II°… cenge altrettanto esposte di erba e detriti…fino ad uscire finalmente sui pendii sommitali… finimmo poi quella gita immergendoci la sera nel mare di Ventimiglia..mi chiedo ancora adesso come facemmo ad uscirne… eravamo senza corda, ed in seguito scoprii che avevamo fatto una via valutata PD… incoscienze giovanili…


Lascio da parte i ricordi, e penso al presente. Ci aspetta  la parte più tecnica della gita. Un canale-cengia assai ripido, che dà l’accesso ai pendii superiori. Ci portiamo sotto, la pendenza aumenta, ci chiediamo se è il caso di mettere i rampant.. “o adesso o mai più” dice Alex… ci sentiamo di provare senza, la neve non pare così dura. In effetti si sale, con attenzione e concentrazione, lavorando di lamina dove le derapate di chi scende hanno compresso e  lisciato la neve. Davanti a noi c’è un ragazzo in difficoltà.. gli sci sono piantati nella neve uno cinque metri più in basso dell’altro, e lui sta scendendo a piedi. Scopriremo quando lo raggiungiamo che è caduto in salita quando era quasi fuori a causa di un crampo.. succede anche questo!


 Risaliamo quindi il canale, uscendone e potendoci rilassare un po’. Fosse stata più dura la neve sarebbero stati indispensabili i rampant. La vetta è in vista, si vede la stazione meteo in prossimità del punto culminante. C’è già gente che scende. Usciti dal canale siamo a quota 2400 m, mancano 350 metri alla vetta. Che sembra lì, sembra lì….


 
Ma non è lì!
 


A tratti fa molto caldo, e dopo 1200 m di dislivello comincio a sentire il fiato corto… le gambe vanno invece abbastanza bene, solo che siamo quasi stufi di salire… Io mollo un po’ il ritmo, Alex che è davanti a me di qualche minuto pure… Finalmente siam sotto la cima, qualche lungo diagonale, il vento è freddo e assai fastidioso, ma ecco che arrivo anche io su. Proseguo con gli sci fino alla croce di vetta, semisepolta dalla neve. Il vento è insopportabile, e dopo due veloci foto devo scendere rapidamente nei pressi della stazione meteorologica, dove è un po’ più riparato. Il panorama è molto bello sulla val Roja, sull’appennino ligure poco distante… il mare non si vede, e neanche la Corsica…di qua si erge il Monviso, poi tutto si perde nella foschia della pianura cuneese. Mangiamo qualcosa, poi un po’ il freddo, un po’ perché è già tardi, poi ci prepariamo a scendere. Solite operazioni e siamo pronti. Si va! La prima parte è mollina ma spettacolare… due curve e subito mi sento in forma, le gambe rispondono bene. Le crisi delle ultime due gite sembrano lontane. Provo ad affacciarmi su due canalini che avevo visto salendo, ma dopo un paio di curve saltate vedo che il manto superficiale, fortemente umidificato, tende a scivolare via.. per cui lascio perdere, e mi porto sul versante opposto del pendio, dove la neve è più compatta… ed è spettacolare!! Scegliendo i posti giusti, scendiamo tutto il pendio finale con belle curve, finalmente si scia decentemente!


Arriviamo così all’imbocco del canale… faccio una curva, poi vedo che è troppo stretto e soprattutto il fondo è troppo ondulato per azzardarne un’altra, non essendo io un gran sciatore… per cui mi limito a derapare.. in pochi minuti ne sono fuori, attendo Alex, e poi via, il pendio successivo è talmente battuto da sembrare una pista.. figata!


E poi sempre meglio… prendiamo due vie diverse presi dall’entusiasmo di ricercare i tratti migliori, io vado a sinistra, e pennello curve sul velluto… quanto mi mancava questo tipo di neve!! Altro valloncello canale, poi quel lungo traverso, e siamo a circa 2000 metri. E ancora giù, invece di seguire le tracce della salita, mi fiondo giù per un muretto a 40° breve ma di neve perfetta, morbida al punto giusto, e siamo sul fondo del valloncello. E poi ancora pendii fantastici, son quelli che han preso poco sole nella giornata, e sono perfetti, siamo felicissimi finalmente di sciare su una neve così.


Mi dispiace ma farina o non farina, è questa la MIA neve, quella che mi riporta ai ricordi delle mie prime gite primaverili, discese memorabili e indimenticabili… e questa si merita un buon posto!! E’ così bella che, nonostante siano 1400 m di sciata, sta già per finire… siamo sul fondo del vallone, ecco la stradina dove la neve molle vista l’ora costringe a spingere un po’, ed eccoci sulla ciliegina finale… la pista di discesa, bella massacrata a quell’ora, per i “pistaioli” forse non sarà il massimo, ma per me è perfetta… ce la “ciucciamo” in pochi secondi…. Cacchio è già finita!!


Ma Alex si fa avanti, e chiede se ci fanno fare un giro a scrocco sulla seggiovia… e siccome è l’ultimo giorno di apertura di questi impianti, ce lo concedono! Evvai, cosa non si fa per qualche curva in più.. lasciamo gli zaini e via… presi dall’entusiasmo non prendiamo né il pile né la macchina foto, e sulla seggiovia siamo esposti ai quattro venti… arriviamo a quota 1742 m, ed ora siamo pronti per il gran finale!


 300 m di sciata spettacolare, un po’ sulla pista in condizioni primaverili, con qualche divagazione fuoripista su ottimo firn, non c’è differenza fuori o dentro la pista, è tutta perfetta!! Pochi minuti e siamo giù al piazzale, stavolta è proprio finita! 1700 m di sciata di grande soddisfazione, era ora!!


Sono felicissimo e neanche troppo stanco, ci cambiamo e via al bar, per innaffiare con una birra media gelata questa grandiosa gita! E non è finita… anche il bar chiude oggi, quindi ci offrono spumante e torte aggratis… quale miglior conclusione per questa giornata??


Alle 16.30, dopo un’ora e mezza di relax, ci avviamo verso casa. Mi aspettano 170 km di guida. Arriverò all’ovile cotto e stracotto ma soddisfatto e felice, con un bilancio della giornata estremamente positivo. Un gitone, 1400 m di salita e 1700 di discesa, un bello spostamento, una bella cima su cui sono stato felice di tornare, e soprattutto una grande, emozionante sciata, indubbiamente la migliore della stagione, che risolleva una stagione finora non delle migliori… grande giornata, in compagnia di uno dei più cari amici!


 Album foto qui: www.roby4061.it/photobook/abisso.htm


 

venerdì 4 aprile 2008

Sulla pelle viva, di Tina Merlin



" .."Sulla pelle viva" è un libro sul potere come arbitrio e sui mostri che può generare.
L’arroganza di troppi poteri forti.
L’assenza di controlli.
La ricerca del profitto a tutti i costi.
La complicità di tanti organi dello Stato.
I silenzi della stampa.
L’umiliazione dei semplici.
La ricerca vana di una giustizia.
Il crollo della fiducia in una repubblica dei giusti.
C’è tutto questo nel racconto di Tina Merlin.
E sta in questo la modernità bruciante del suo libro.. "

(dalla Prefazione di Giampaolo Pansa)



Ho appena finito di leggerlo. Aveva ragione Marco Paolini, è un "pugno nello stomaco".  Cosa si prova leggendo un libro così? Rabbia, rabbia e ancora rabbia. E' un libro verità, purtroppo ancora tanto attuale, son passati 45 anni, non è cambiato niente.


E giustizia non è stata fatta. Fu dimostrato persino in Cassazione che la catastrofe era prevedibile, ma alla fine i responsabili non han pagato quel che avrebbero dovuto.


Giustizia all'italiana.


La Merlin denunciò anni prima le battaglie della gente della valle del Vajont, scrivendo articoli al vetriolo su L'Unità.


Ahhh, ecco perchè... e vabbè, era una comunista, anzi una Komunista con la Kappa... ma aveva ragione da vendere.


Ogni volta che leggo qualcosa sul disastro del Vajont mi pervade tanta amarezza, non riuscendo a capacitarmi di come sia stato possibile permettere una catastrofe simile, un Olocausto annunciato.


E' un libro che consiglio di leggere. Fa male, ma va letto. E ci si accorgerà che l'Italia di allora non era tanto diversa da ora.


Purtroppo.


Amarezza.


mercoledì 2 aprile 2008

Sorrow


There's an unceasing wind that blows through this night
and there's dust in my eyes, that blinds my sight
and silence that speaks so much louder than words
of promises broken


D. Gilmour, Pink FLoyd