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domenica 30 settembre 2007

Solitudine d'autunno

Non so se riuscirò a rendere l'idea di ciò che ho visto, sentito, e respirato ieri in valle di Cogne... ma ci provo..

Testa del Gavio 3047 m, 29 settembre 2007

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”


Marcel Proust


Sono di nuovo in questa valle. Risalgo la strada per Cogne, in questa fredda mattina di fine settembre. Arrivo su, parcheggio, parto nell’aria frizzante del mattino, attraverso i prati di S. Orso, ed ecco il sentiero per il Pousset. Il cielo si sgombra dalle ultime nubi, il sole inonda la valle, regalando colori e luci splendidamente autunnali, con la neve dei giorni scorsi che dà un anticipo di inverno.

Sono solo, in tutto il giorno la mia compagnia saranno i silenzi, i colori, gli odori del Parco del Gran Paradiso. Salgo per il famigliare sentiero, incontro presto i primi camosci nel bosco. Poi uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro dei grandi larici. Il pensiero corre ad un mese e mezzo fa, l’ultima volta che ho percorso questo sentiero… Mentre penso a questo, una volpacchiotta mi passa a poca distanza, e si inoltra nuovamente tra gli alberi. Anche se sono stato su di qui molte volte, c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere, qualcosa che le volte prima non avevo notato… una pianta, un angolo di bosco, una roccia particolare…

Arrivo ai casolari di Les Ors, mi concedo una bella pausa al sole. L’aria è fredda, osservo un branco di almeno trenta camosci che pascola tra i prati ancora brinati. Riparto, a fianco dal sentiero ecco uno stambecco di 7-8 anni, solitario, mentre poco più in basso gli fa compagnia un camoscio. Raggiungo presto il bivio del Pousset: abbandono questo sentiero, e mi inoltro in zona a me sconosciuta, tanti anni che vengo in questa valle e mai sono andato nel vallone di Vermiana. Il sentiero è bello tracciato, il vallone deserto. Deserto da persone, ma di animali no… due giovani femmine di stambecco mi osservano da poca distanza coi loro piccoli, teneri e curiosi, con la dovuta paura dell’uomo, infatti più mi avvicino mentre cammino sul sentiero, e più loro salgono per il pendio e le rocce. Nemmeno il tempo di riprendere i miei passi, e quasi mi spaventa uno stormo di pernici che prende il volo con un gran rumore. Non ho il tempo di fotografarle, rimarranno impresse nei miei occhi e nella mia mente.

Continuo per la mia strada, ancora camosci, ancora giovani stambecchi in branco al pascolo. Salgo di quota, arrivo alle Alpi Vermiana superiore 2387 m, in rovina anch’esse. Da qui in poi comincia la neve pressoché continua al suolo. Non molta, dai 5 ai 10 cm, ma di quella infida che nasconde i buchi tra le rocce e rende scivoloso il sentiero. Entro pure in ombra, sotto la verticale parete nord del Monte Herban, montagna che ho salito a metà giugno di quest’anno. Per di più la neve copre i segni e gli ometti, e perdo il sentiero. Salgo con attenzione e rischiando qualche volta la caviglia, cercando di individuare la traccia. Dopo diversi “porchi e straporchi” per le continue scivolate, mi decido a tirar fuori ghette e bastoncini. Mi fermo pochi minuti e presto mi assale la morsa del freddo, soprattutto alle mani. Riprendo il cammino di gran lena, per uscire al sole, appena lo raggiungo il suo tepore mi scalda e mi rilassa.

Mi guardo intorno, sono a oltre 2500 m, solitudine totale. Percorro quello che è chiamato il Pian Vario, innevato sul lato nord, con solo più chiazze di neve su quello sud, è bicolore, bellissimo, e splendidamente autunnale. L’aquila volteggia sulla mia testa, poco oltre un camoscio corre in mezzo alla neve. Sullo sfondo, dietro la mia meta, appare anche la Punta Rossa della Grivola, bella innevata. Mentre salgo mille pensieri mi girano per la testa, proseguo nel silenzio, ma son contento di essere quassù oggi, immerso totalmente nella natura. Arrivo fino a 2900 m circa, poi abbandono il sentiero che porta al colle della Rossa, e piego di 180° verso est, salendo per pendii erbosi, liberi da neve, ed arrivando sul dosso erboso e detritico che porta alla cima della Testa del Gavio. Sono diversi anni che vedo questo cocuzzolo e questi valloni dal colle della Rossa e volevo venire qui in esplorazione. Oggi era la giornata giusta. L’aria si fa sempre più fredda, c’è un gelido e fastidioso vento da sud-ovest, arrivo finalmente sulla sommità della Testa del Gavio 3047 m, che divide i valloni del Pousset e di Vermiana, entrambi ai miei piedi. Il panorama, dal Monte Bianco all’Herbetet è grandioso, il vento fa turbinare la neve sulla parete nord della Roccia Viva e della Becca di Gay.

Mi cerco un posto riparato per mangiare, in totale solitudine. Qualche velatura solca il cielo, il silenzio è sempre quasi irreale. Osservo la Punta Rossa della Grivola. Un mulinello di neve creato dal neve parte dalla vetta e percorre in discesa tutta la cresta. Penso ad un mese e mezzo fa quando ero lassù, e a chi ho accompagnato su quella cima una mattina di metà agosto. Mi volto verso est, e affido un saluto al vento, mentre le faville di neve si disperdono nel cielo.

Il freddo mi spinge a scendere. Mentre lascio la vetta, un camoscio zoppicante arriva a sorpresa dal vallone di Vermiana, mi vede e dopo qualche esitazione, scappa, correndo in maniera scomposta, attraversando tutta la cresta, e sparendo sul versante opposto A malincuore mi incammino verso valle, decido di tentare la discesa nel vallone del Pousset. Non vedo sentieri, solo qualche rado ometto mezzo distrutto e qualche vecchia traccia si intuisce sotto la neve. Attraverso angoli davvero selvaggi, scendo ancora, arrivo ad un pendio innevato che mi fa tribolare un po’, più che altro perché la neve leggera e scivolosa nasconde delle rocce montonate, e mi sembra di camminare sulle uova.. rischio un paio di volte lo scivolone, che comunque non sarebbe stato pericoloso, e finalmente ritrovo una traccia. Che però perdo nuovamente, non è facile con questa neve seguire la retta via… Volevo scendere direttamente sull’alpe del Pousset superiore, e sui bei pianori che la circondano, però non sono sicuro che si passi là sotto. Per evitare di mettermi nei casini, decido di raggiungere una bella traccia che vedo sul versante opposto a quello dove sono io. Un traverso fastidioso su neve e vecchie tracce, e finalmente raggiungo quel bel sentiero. Non c’è più neve ora, si cammina bene.

Incontro un piccolo branco di giovani stambecchi curiosi, ed eccomi sul famigliare sentiero del Pousset. Mi giro verso il colle, lassù nascosto c’è il bivacco Gratton. Bei ricordi lassù.. Scendo rapidamente, alle baite mi concedo una sosta, ho sete e bisogno di bere acqua fresca. Mi guardo intorno, non c’è nessuno nemmeno qui. Mi sdraio sull’erba secca, chiudo gli occhi, mi assopisco 5 minuti cullato dal suono dell’acqua che scorre.

Mi sveglio quasi per caso, sono già le 15.30, e la strada per il fondovalle è ancora lunga. Decido di fare ancora una variante, voglio provare a scendere passando dall’alpe Pousset inferiore, e di lì ritornare a Les Ors. Non trovo subito il sentiero segnato, e scendo quindi per vecchie tracce, sentieri che collegavano gli alpeggi, sentieri abbandonati da molto tempo. Ecco là sotto nel pianoro il sentiero “ufficiale”. Lo raggiungo, scendo nel bosco, tralascio la diramazione per il casotto del Trajo, e arrivo finalmente alle caratteristiche baite in legno del Pousset inferiore. Qualche foto, poi lascio anche queste, e mi inoltro nuovamente nel bosco. Mi trovo davanti quasi a sorpresa, dietro un masso, una femmina di camoscio col suo cucciolo, tenerissimo. Il bel sentiero attraversa la montagna, e passando per angoli assai suggestivi, e scorci sulle Grand Jorasses, arrivo a Les Ors, ormai in ombra.

Mentre scendo, da dietro le baite scatta uno stambecco dalle corna enormi, avrà almeno 13 o 14 anni a contare gli anelli. E’ un vecchio maschio solitario, infatti non è molto propenso a farsi fotografare, quando assume un’aria poco promettente, lo lascio al suo pascolo, e proseguo la mia discesa. Osservo la luce radente sui pascoli, e noto la volpe che li attraversa, causando poco dopo la fuga del branco di camosci che stazionava lì da stamattina. Vedere 25-30 camosci che scattano e corrono tutti insieme, attraversando il valloncello, mi fa capire quanto amo questa natura, libera e selvaggia.

Riprendo il cammino, l’ultimo sole mi bacia tra i larici, lo saluto ed entro nell’ombra, e giù per il ripido sentiero, con gli ormai consueti incontri coi camosci. Noto le orme sul terreno: ci sono solo le mie di stamattina, in salita. In tutto il giorno oggi nessuno è salito al Pousset oltre a me. Io ero l’unico essere umano in entrambi i valloni. Questa cosa mi emoziona, tutto quel silenzio, quelle rocce, quella neve, quei colori, quegli odori, quella natura oggi era davvero tutta e solo per me.

Sono quasi a Cogne, l’aria è fredda, l’ultima rampa, ecco i prati di S.Orso, ritrovo la civiltà, ecco la macchina.

L’avventura è finita, il sole ha lasciato anche il paese e si sta ritirando su nel vallone del Grauson. Faccio un breve giro per il paese, poi lancio uno sguardo ad un raggio di sole che sfiora la vetta del Pousset, immagino ciò che ho visto oggi su di là, ripercorro in pochi secondi le sensazioni provate in questa giornata, penso a quanto amo questa valle, che se un giorno non avrò più la fortuna di averla così a portata di mano, l’avrò sempre nel cuore, perché qui è cominciata la mia passione per l’andar per monti, qui è cominciato tutto.

Lancio un saluto ai silenzi di Vermiana e del Pousset, al freddo che arriva ed alla sera imminente, chiudo la portiera, un pensiero ad est, e via verso il calore di casa.

Foto su: www.roby4061.it/photobook/gavio.htm

giovedì 27 settembre 2007

la stufa..

e così, stasera, è arrivato il momento...

tornato dal lavoro, sono entrato in casa, e ho trovato la stufa accesa...

che bello è stato entrare in casa, e sentire il tepore, e il profumo della legna che brucia, e lo scoppiettare...



E' da quando ero piccino che l'arrivo dell'autunno in casa mia è contrassegnato dall'accensione della stufa... ricordi di bambino, ricordi di una vita passata tra queste mura, tra questi prati, di fronte alle mie montagne.

mercoledì 26 settembre 2007

Tunnel of love

Sarà il tempo, sarà l'ora, sarà l'effetto di una cena abbondantemente innaffiata dall'Erbaluce e conclusa con la grappa, sarà la sera di fine settembre....

Sarà che c'è un po' di magone stasera, quello della lacrimuccia buona...

E una canzone che mi gira per la testa, e che ora sto riascoltando a volume alto, assaporando ogni singola nota, fino a perdermi nel suo assolo finale...

Questa è per Te. Anzi, per la "cordata".


getting crazy on the waltzers but it's the life that i choose
sing about the sixblade sing about the switchback and a torture tattoo
and i been riding on a ghost train where the cars they scream and slam
and i don't know where i'll be tonight but i'd always tell you where i am

in a screaming ring of faces i seen her standing in the light
she had a ticket for the races just like me she was a victim of the night
i put a hand upon the lever said let it rock and let it roll
i had the one arm bandit fever there was an arrow through my heart and my soul

and the big wheel keep on turning neon burning up above
and i'm just high on the world
come on and take a low ride with me girl
on the tunnel of love


it's just the danger when you're riding at your own risk
she said you are the perfect stranger she said baby let's keep it like this
it's just a cake walk twisting baby step right up and say
hey mister give me two give me two cos any two can play

and the big wheel keep on turning neon burning up above
and i'm just high on the world
come on and take a low ride with me girl
on the tunnel of love

well it's been money for muscle another whirligig
money for muscle and another girl i dig
another hustle just to make it big
and rockaway rockaway

and girl it looks so pretty to me just like it always did
like the spanish city to me when we were kids
oh girl it looks so pretty to me just like it always did
like the spanish city to me when we were kids

she took off a silver locket she said remember me by this
she put her hand in my pocket i got a keepsake and a kiss
and in the roar of the dust and diesel i stood and watched her walk away
i could have caught up with her easy enough but something must have made me stay

and the big wheel keep on turning neon burning up above
and i'm just high on the world
come on and take a low ride with me girl
on the tunnel of love

and now i'm searching through these carousels and the carnival arcades
searching everywhere from steeplechase to palisades
in any shooting gallery where promises are made
to rockaway rockaway from cullercoats and whitley bay out to rockaway

and girl it looks so pretty to me like it always did
like the spanish city to me when we were kids
girl it looks so pretty to me like it always did
like the spanish city to me when we were kids



martedì 25 settembre 2007

24 settembre 1991

usciva Nevermind


 


 una pietra miliare della storia del rock.


e pensare che all'epoca i Nirvana non mi piacevano....


"smells like teen spirit"

sabato 22 settembre 2007

Una settimana fa...

Un po' di magone a pensare a dov'ero una settimana fa a quest'ora..

Appoggiati alla parete del rifugio, con la pianura illuminata sotto di noi, circondati solo da silenzio, campanacci e respiri..



Ed è bello il ricordo di queste parole, lette ad alta voce, accarezzati dal sole del tardo pomeriggio, lassù a 2130 m, come sospesi nel cielo e nel tempo.

“Ho nel corpo la bella fatica del vagabondare beato tra i monti, nella mente solo la placida attesa di un’altra giornata da vivere come un animale rimesso in libertà. E mi sento così protetta dalla ruvida coperta odorosa di fieno da sorridere sicura. Come se non dovessi mai più ridiscendere in città ed affrontare i risvegli d’angoscia, mai più uscire tra la folla per andare a vivere giorni non miei, mai più correre e correre, più in fretta del mio tempo, fino a oltrepassare la mia stessa vita e lasciarla indietro, da qualche parte, e non ritrovarla più, non ritrovarmi più e perdere i pensieri e i sentimenti per strade sconosciute e non capire come mai abbia smarrito il mio solitario sentiero.
La coperta mi avvolge, quasi mi volesse rendere impacchettata con amore insieme alla vita ritrovata e riunirmi per sempre a essa in un unico , lento e dolce ritmo.”
(Bianca di Beaco “E’ arrivato l’inverno a Malga Calleda!”)



Grazie ancora.

buonanotte




Buonanotte, buonanotte amore mio
buonanotte tra il telefono e il cielo
ti ringrazio per avermi stupito
per avermi giurato che e` vero
il granturco nei campi e` maturo
ed ho tanto bisogno di te
la coperta e` gelata e l'estate e` finita
buonanotte, questa notte e` per te


Buonanotte, buonanotte fiorellino
buonanotte tra le stelle e la stanza
per sognarti devo averti vicino
e vicino non e` ancora abbastanza

ora un raggio di sole si e` fermato
proprio sopra il mio biglietto scaduto
tra i tuoi fiocchi di neve e le tue foglie di te`
buonanotte, questa notte e` per te


Buonanotte, buonanotte monetina
buonanotte tra il mare e la pioggia
la tristezza passera` domattina
e l'anello restera` sulla spiaggia
gli uccellini nel vento non si fanno mai male
hanno ali piu` grandi di me
e dall'alba al tramonto sono soli nel sole
buonanotte, questa notte e` per te

venerdì 21 settembre 2007

Dopo una birra, sono in vena di citazioni....


“Vorrei tornar lassù
dove l’alba insegue il tramonto,
dove il tramonto incenerito si annega
in un mare di rosso
dove il mio cuore diviene
fiore di pietra per l’immensa paura.
Dove triste è pensare al ritorno
verso monti di nero catrame“


Cesare Maestri

Grazie a Misty per avermela fatta conoscere.

giovedì 20 settembre 2007

"dopo tutto vale sempre la pena di vivere anche se forgiare l'esistenza è difficile. E poi l'avvenire può serbare tante sorprese"


M. Rigoni Stern

mercoledì 19 settembre 2007

Misty Mountains Hop

So I'm packin' my bags for the Misty Mountains
Where the spirits go now.
Whoa~over the hills where the spirits fly.



Misty Mountain Hop – Una sosta alle montagne nebbiose


Così posso descrivere, dal titolo di una canzone dei Led Zeppelin, la salita al Verzel, montagna di 2406 m, a ridosso della pianura canavesana in questo week-end di metà settembre.
Il sabato è una giornata fantastica, la sveglia non è puntata all’alba, visto il lungo viaggio in treno affrontato da Misty venerdì pomeriggio. Colazione, preparativi e partenza per Castelnuovo Nigra, dove ritiriamo le chiavi del rifugio Fornetto, dove pernotteremo. L’idea è di assistere all’alba dalla vetta, sperando in uno spettacolo come quello del 22 ottobre 2006, quando salii quassù coi miei amici. Saliamo lungo una strada stretta e poi sterrata, lungo le pendici della montagna, fino ad un tornate a quota 1550 circa, oltre la strada è impraticabile. Ci carichiamo sulle spalle i pesanti zaini, e ci incamminiamo lungo la strada, arrivando alla cava di quarzo ormai abbandonata. Da qui prendiamo un sentierino, tra i pascoli che ormai cominciano a prendere i colori autunnali. Fa molto caldo, il “satana giallo” ci martella sul coppino. Passiamo per alcuni spartani alpeggi, ancora utilizzati, ed altri in rovina, sbucando poi su una dorsale, da dove il rifugio è ben visibile, abbarbicato su ripidi pendii erbosi. Lo raggiungiamo dopo 1 ora e 40 di cammino, le ultime rampe sono assai ripide, ma è bello aprire la porta, e trovarsi dentro un rifugetto di quelli come una volta. E’ una baita riadattata, ben attrezzata, spartana ma c’è tutto. Ci sistemiamo, e poi passiamo il pomeriggio in relax, sonnecchiando e arrampicottando nei pressi del rifugio. Verso le 16.30 accendo la stufa, per dare temperatura alle quattro pareti di pietra. E’ suggestivo salire dietro alla piccola costruzione, e vedere il fumo che esce dal camino, con lo sfondo della pianura toccata dal sole del tardo pomeriggio. Vien ora di cena, il cuoco (il sottoscritto..) si mette all’opera, in mezz’ora è tutto pronto, grazie al calore della stufa. Polenta concia e salsiccia, accompagnato da una bottiglia di Dolcetto di Dogliani che mi son scarrozzato dalla partenza.. dulcis in fundo un goccio di genepì fatto in casa, poi dopo aver lavato i piatti, ci rilassiamo seduti con la schiena appoggiata alla parete del rifugio, e con lo sguardo perso nella pianura canavesana costellata di luci. Il silenzio è rotto solo dal campanaccio di qualche mulo, nell’alpeggio più in basso, e dallo scroscio della piccola fontanella. Ogni tanto qualche aereo nel cielo, che minuto dopo minuto si accende di milioni di stelle.

Ci si sente davvero piccoli, di fronte all’immensità di tutto questo. Siamo “solo” a poco più di 2100 m di quota, ma è tutto un altro mondo rispetto a quello che stiamo osservando dall’alto. Laggiù è il sabato sera, migliaia, forse milioni di persone si preparano ad uscire, mentre noi siamo quassù, soli, immersi in un “nulla” che per noi invece è “tutto”. Non fa freddo, è una serata bellissima, verrebbe voglia di restare tutta la notte a vegliare su quelle luci, oppure volgendo lo sguardo alla Via Lattea, che ci guarda dall’alto. Ma vien l’ora di ritirarsi al piano superiore, con un po’ di dispiacere nel lasciare il calore della stufa, ma anche il locale dormitorio, rivestito di legno, conserva il suo bel tepore. La notte passa veloce, tra un sogno e l’altro, alle 6 ci alziamo, vogliamo essere su per l’alba. Tempo di uscire dal rifugio e vedere le ultime stelle morire dietro alle nebbie che avanzano dalla pianura. Mangiamo qualche biscotto, e partiamo alla volta della vetta. Sapevo della possibilità di questi strati nuvolosi, ma sinceramente pensavo che sarebbero rimasti sotto una certa quota. Invece il flusso umido dal mar ligure è più intenso del previsto, e veniamo presto avvolti nella nebbia.

Misty Mountains Hop.. Saliamo velocemente, mentre le speranze di “forare” le nubi si riducono ad ogni passo, e metro dopo metro la vetta si va più vicina, e la nebbia sempre più fitta. Entriamo in un mondo di suoni ovattati, qualche sparo in fondo alla valle, i campanacci, i nostri passi, i nostri respiri affannosi per la salita sempre ripida. Quasi senza accorgercene, arriviamo alle roccette finali, la vetta è già lì. Ci arriviamo circondati da miliardi di goccioline d’acqua, immersi nell’umidità totale, il sole è laggiù da qualche parte, ad oriente, ma non lo vediamo. Siamo a 2406 m di quota, soli nel nulla. E’ bello lo stesso. La montagna è anche questo.

Restiamo un po’ sulla vetta nella speranza di uno squarcio tra le nubi che non arriva. Decidiamo di prendere la via del ritorno, in breve, nonostante qualche scivolata per le rocce umide, arriviamo ben presto tra le accoglienti pareti del rifugio, la stufa è ancora tiepida dalla sera prima. Abbondante colazione, poi rifacciamo gli zaini, chiudiamo questo angolo di montagna, e ci incamminiamo verso valle, sempre immersi nella nebbia e nell’umidità. Oggi il sole non lo vediamo. Che differenza rispetto alla radiosa giornata di ieri. Ecco le baite, ecco la cava, ecco la stradina. In breve siamo all’auto. Ci cambiamo, scendiamo più in basso, nei pressi di un’area attrezzata, ovviamente deserta, dove pranziamo accerchiati dal nebbione che è sceso più in basso ed è sempre più fitto. Lasciamo questo posto mentre comincia a piovere, è questo il saluto che ci da la montagna, in questa giornata di metà settembre.

Con un nuovo bagaglio di sensazioni e di ricordi, ci avviamo verso valle, voltando le spalle al Verzel, ai suoi pendii erbosi, alle sue rocce, al suo rifugio aggrappato alla montagna come un nido d’aquila, alle sue pareti scaldate da una stufa a legna. Voltiamo le spalle a quel cielo stellatissimo, a quella vista sulla pianura nella quale stiamo per ritornare, a quei silenzi, a quelle nebbie. Voltiamo le spalle al nostro mondo, ma sapendo che non è un addio, bensì un arrivederci, un arrivederci alla prossima, perché quello è il nostro mondo e gli apparteniamo, e gli vogliamo appartenere fino in fondo.

Foto su: http://www.roby4061.it/photobook/verzel2.htm

lunedì 17 settembre 2007

luci sulla pianura



Sabato sera, dai 2130 m del Rifugio Fornetto.

L'indomani siam saliti nella nebbia alla Punta Verzel, sperando di assistere ad un alba sul mare di nubi, ma siam rimasti dentro di esse, in quel mondo ovattato fatto di silenzi, suoni sommessi, umidità e odori nuovi.

Peccato per la nebbia in vetta, ma "quel che c'era d'importante da vedere, lo vedevo".

E lo sentivo, aggiungo io.



giovedì 13 settembre 2007

Ricordi di un'estate

10 giugno, Dome de Neige des Ecrins 4015 m



16 giugno, Cogne



23 giugno, Punta d'Arnas 3560 m



1° luglio, Gran Zebrù 3851 m



8 luglio, Monte Lera Orientale 3355 m



15 luglio, Il Roc 4026 m



15 luglio, Gran Paradiso 4061 m




5 agosto, Roccia Nera 4075 m



5 agosto, Gemello del Breithorn Orientale 4106 m



14 agosto, Bivacco Gratton 3200 m



14 agosto, Punta Rossa della Grivola 3630 m



15 agosto, Valnontey



17 agosto, Monte Creya 3015 m



20 agosto, Dresda



21agosto, Berlino



22 agosto, Berlino



23 agosto, Lipsia



24 agosto, Bamberga



24 agosto, Norimberga



28 agosto, Passo Rolle



30 agosto, Val di Cembra



30 agosto, Spormaggiore



31 agosto, Monte Fravort 2347 m



1° settembre, passo di San Nicolò



L'album dei ricordi felici di un'estate indimenticabile.


mercoledì 12 settembre 2007

Solo.

9 settembre 2007.

A volte si ha proprio l’idea di fare una gita in solitaria. In autunno sento spesso questo bisogno, pur amando andare in montagna in compagnia. Sento quel bisogno di passare del tempo da solo nel mio mondo, per ascoltare le voci dentro di me.

E così, domenica mattina eccomi arrivare al Pian della Mussa nell’aria fresca del mattino, mentre coincidenza ascolto “Signore delle Cime” e mi prende la pelle d’oca. Scendo dall’auto, mi preparo e parto a razzo, sarò un orso e lo so, ma quando parto con l’idea di una gita in solitaria, voglio proprio isolarmi… e quindi a gran ritmo mi allontano dal parcheggio e da un gruppo di caini (del CAI) un po’ chiassosi che voglio evitare..

Mi inerpico per il ripido, umido e scivoloso sentiero che conduce al Pian Saulera, ben presto rimango solo coi suoni della montagna, e raggiungo il pianoro appena inondato dal sole mattutino. Qui supero un escursionista solitario, un saluto, e proseguo oltre. La vista sulla Ciamarella e sulla Bessanese è impagabile, i colori stanno già prendendo le tonalità autunnali, e salgo sempre a gran ritmo, come rapito dalla bellezza di ciò che mi circonda.

Al Pian degli Alamant, 2420 m circa, mi fermo per una piccola sosta, mangio qualcosa, carico acqua e mi metto i pantaloncini. Sto quei 10 minuti ad ascoltare i suoni che mi circondano, le marmotte che fischiano, e ad osservare un camoscio su una dorsale erbosa.

Poi riparto. Il sentiero si inerpica verso il Passo delle Mangioire, stretta incisione a 2768 m, che raggiungo sbuffando come una locomotiva. Si apre la vista sul vallone di Arnas, fantastico, sovrastato dalla Lera, dalla Croce Rossa e dalla Punta d’Arnas, in basso il lago di Bessanetto color smeraldo, tra i pascoli ormai già color oro.

Attraverso il ripido pendio seguendo una traccia di bestiame, e mi porto sotto il Bessanetto. Risalgo faticosamente senza sentiero il pascolo, fino a superare la prima fascia di rocce in una strettoia di erba e roccette.. esco così sullo zoccolo faticosissimo di sfasciumi finissimi, quasi un terriccio, dove affondo e scivolo indietro ad ogni passo. Ho il cuore a mille, a dire il vero non so perché sto continuando a correre..

Sbuffando arrivo al punto chiave della salita. L’avevo già individuato dal basso, ecco il canalino di rocce articolate che permette di superare la bastionata. Non è esposto, ma le rocce sono un po’ infide, orridi calcescisti, sporchi di ghiaietto, e qualche appiglio rischia di rimanermi in mano.. vabbè, cadere qui significherebbe solo scorticarsi ed ammaccarsi un po’.. ma meglio non cadere!

Sono comunque 4-5 metri, ed esco sulla larga cresta, fatta di lastroni, ed arrivo sulla vetta, che precipita sulla val Saulera e sul Pian della Mussa. Che soddisfazione, essere quassù, da solo, ho chiuso un conto lasciato aperto nel lontano 2000, quando tentai la vetta ma dal lato sbagliato..sette anni dopo il conto è saldato.

Ho indovinato la via, e son quassù, solo soletto, il mio unico compagno è il suono del torrente là in fondo alla valle. Guardo l’orologio, non credo ai miei occhi. Ci ho impiegato 2 ore e 35 sosta compresa dalla partenza.. la guida me ne dava 4 e 15…. Ecco perché sono così stanco, ho praticamente corso!! Beh, ora diamoci una calmata……. mi rilasso gustandomi il panorama fantastico, si vede perfino il Monte Rosa, e là di fronte il mio ammmore, il Grampa.

Volto lo sguardo verso est, e mi tornano in mente le ultime montagne che ho “assaggiato”, e chi mi ha fatto compagnia in tutte le gite dell’ultimo mese.. mi fa un certo effetto, visto che oggi son quassù in totale solitudine…ma in fondo, da solo forse non lo sono mai…

Lascio da parte i pensieri, ed è ora di mangiare. Poi nessuno mi toglie un riposino di mezz’ora abbondante, cullato dai suoni della montagna. Verso le 13.30 decido che è ora di scendere. Il canalino mi impegna un pochino, ma lo supero velocemente, e sono sugli “amati” sfasciumi. Scendo per tracce e mi dirigo verso il lago di Bessanetto 2755 m, che adesso a fine stagione si presenta sdoppiato. Risalgo al Passo delle Mangioire, dove re-incontro delle presenze umane, e scambio qualche parola.

Riparto, e scendo sul versante opposto, e son di nuovo io e la Montagna. Sono cambiate le luci, ma il vallone è sempre bello, anzi forse ancora di più. Trovo due stambecchi giovani, e li seguo per un po’, è bellissimo vedere come si inerpicano sulle rocce come se nulla fosse… lascio anche loro, e proseguo la mia discesa con calma, fino al Pian degli Alamant, dove faccio una sosta per abbeverarmi e calmare l’arsura della gola…

Riprendo la discesa, il tempo è sempre bello, anche se c’è qualche nuvola in più… rieccomi all’Alpe Saulera, non c’è nessuno, mi stendo 5 minuti sull’erba ad ascoltare ciò che mi circonda. Pace. Non vorrei ripartire, tanto si sta bene qui. Ma prima o poi si deve scendere.. e quindi mi rimetto in cammino, ripercorro il pianoro, mi inoltro nel ripido bosco, e velocemente, con le ginocchia un po’ indolenzite, arrivo a Villa Sigismondi, e ritrovo la “civiltà”.

Il Pian della Mussa è assai affollato, la pace è finita. Una birra veloce col sole negli occhi, poi via verso casa. Giornata intensa, passata a tu per tu con la Montagna, coi suoi suoni, le sue rocce, i suoi colori che già stan cambiando, e già respiro l’odore di quelle “malinconie autunnali” che tanto adoro, e che tanto mi piace vivere, e sentir mie.


Le foto su: http://www.roby4061.it/photobook/bessanetto.htm

martedì 11 settembre 2007

incantevole

Ho già postato oggi.

Ma ho voglia di riascoltare questa canzone, stasera.

Se leggera ti farai
io sarò vento
per darti il mio sostegno
senza fingere
se distanza ti farai
io sarò asfalto
impronta sui tuoi passi
senza stringere mai.

Se battaglia ti farai
io starò al fianco
per darti il mio sorriso
senza fingere
se dolore ti farai
io starò attento
a ricucire i tagli
senza stringere mai.
FUORI È UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE COME QUANDO
RESTI CON ME
FUORI È UN MONDO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE COME QUANDO
RESTI CON ME.
Se innocenza ti farai
io sarò fango
che tenta la tua pelle
senza bruciare.
Se destino ti farai
io sarò pronto
per tutto ciò che è stato
a non rimpiangere mai.
FUORI È UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE, COME QUANDO
RESTI CON ME
FUORI È UN MONDO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE, COME QUANDO
RESTI CON ME.
Fuori è un giorno… fragile
fuori è un mondo… fragile.
Fuori è un giorno… fragile
fuori è un mondo… fragile.
FUORI È UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE, COME QUANDO
RESTI CON ME
FUORI È UN MONDO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE, COME QUANDO
RESTI CON ME.
FUORI È UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE, COME QUANDO
RESTI CON ME
Fuori è un giorno…fragile
Fuori è un mondo… fragile
Fuori è un giorno…fragile
Fuori è un mondo… fragile



9/11

11 settembre 2001

Ricordo bene l'irrealità di quel giorno.



Ore 8.45, edizione straordinaria del Radiogiornale di Popolare Network. Quel giorno non cominciai nemmeno a lavorare.

Lo ricordo proprio come qualcosa di irreale, mentre le notizie arrivavano di minuto in minuto.

Tra l'altro, era un martedì anche quello.

E ancora a chiedersi "perchè"?

E ancora a chiedersi "perchè" per tutto quel che è successo dopo.

lunedì 10 settembre 2007

malinconie autunnali

Ed eccoci qua... 9 settembre, ed i colori in montagna stanno già cambiando... che bello. Oggi mi son lanciato in una escursione ormai dai caratteri prettamente autunnali... in solitaria, era tanto tempo che non facevo una gita da solo, ma stavolta sentivo proprio il bisogno di passare un po di tempo da solo nel mio mondo...



Monte Lera 3355 m e Croce Rossa 3566 m dal Monte Bessanetto 2939 m.

E così ho chiuso un conto lasciato aperto dal ben 7 anni, dal luglio del 2000, quando tentai il Monte Bessanetto ma dal lato sbaglaito, e non me la sentii..

Oggi invece, armato delle migliori intenzioni, e a gran ritmo, pure troppo (mi son lasciato prendere, e ho quasi fatto una cronoscalata..), son salito a questa vetta, che non era difficile, solo faticosa, e con un canalino di roccette articolate un po infide, ma non esposto...

Giungo così in cresta, ed in breve alla vetta.. il conto è saldato!

C'è una pace grandiosa, son solo io nel raggio di km, quassù a 2939 m, sotto lo sguardo della Croce Rossa e della Punta d'Arnas, e della Ciamarella...

Sento solo il suono del torrente là in fondo alla valle....

E mi rivien in mente il canto che ho ascoltato al mio arrivo al Pian della Mussa, e che mi ha fatto venir la pelle d'oca..





sabato 8 settembre 2007

Impressioni di settembre

Quante gocce di rugiada intorno a me
cerco il sole, ma non c'è.
Dorme ancora la campagna, forse no,
è sveglia, mi guarda, non so.
Già l'odor di terra, odor di grano
sale adagio verso me,
e la vita nel mio petto batte piano,
respiro la nebbia, penso a te.
Quanto verde tutto intorno, e ancor più in là
sembra quasi un mare d'erba,
e leggero il mio pensiero vola e va
ho quasi paura che si perda...
Un cavallo tende il collo verso il prato
resta fermo come me.
Faccio un passo, lui mi vede, è già fuggito
respiro la nebbia, penso a te.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono solo, solo il suono del mio passo.
e intanto il sole tra la nebbia filtra già
il giorno come sempre sarà.






venerdì 7 settembre 2007

Una salita alla Punta Rossa della Grivola..

un primo raccontino delle lunghe ed emozionanti vacanze di quest'anno..


vado a cominciare da questa escursione di due giorni, che ha riservato ancora una volta l'emozione di un'alba indimenticabile in alta montagna.


13 e 14.08.2007 – Punta Rossa della Grivola

E rieccomi su questa cima per la quinta volta… c’è chi dice che “la ripetizione è la morte dell’alpinismo”, ma io non la penso così.. ci sono montagne che ti entrano nel cuore, che ti piacciono particolarmente, alle quali hai legati ricordi indimenticabili, e che ti fa piacere tornare a trovarle come si fa con un vecchio amico…
E così partiamo lunedì mattina da Cogne, sotto il peso di zaini stracarichi.. ci portiamo dietro anche la piccozza e i ramponi, perché il sabato, da Gimillan la cresta ci è parsa innevata.

Il pezzo nel bosco è come sempre ripido e faticosissimo (rampa-rampa!!!), ma la fatica è mitigata dalla frescura e dallo splendido ambiente che ci circonda. Sosta spuntino (papaya!!) all’Alpe Les Ors, quindi ripartiamo alla volta del casotto P.N.G.P. del Pousset. Qui vediamo che la neve presente ancora sabato praticamente non c’è più, e quindi ci rendiamo conto che stiam portando su del peso inutile… vabbè… allenamento!! Il tempo purtroppo cambia, e nuvolosi coprono il cielo, ma almeno non patiamo tanto il caldo. Non c’è praticamente nessuno un giro, a parte una famiglia di crucchi con un bambino rompic… che continua a urlettare… ci fermiamo a pranzare all’Alpe Pousset Superiore, 2529 m, e poi riprendiamo il cammino mentre cade qualche goccia.. in lontananza si vedono stambecchi e camosci, e presto rimaniamo soli nel vallone, silenzioso e livido a causa della copertura del cielo.

L’ultimo tratto prima del colle del Pousset è come prevedevo massacrante, anche per via degli sfasciumi, ma alla fine arriviamo al colle ed al bivacco Gratton alle 15.15. E’ sempre un posto meraviglioso, su questa distesa di sassi a 3200 m.

Finalmente relax, e per prima cosa vado a cercare sul libro di vetta i miei precedenti “passaggi”, in particolare quelli del 1999 e del 2000, quando venni qui col mio papi… che bei ricordi…
Il pomeriggio scorre così, nel silenzio e nella pace del luogo, circondati da “ciò che qualcuno chiama nulla ma che per noi è tutto”, fino a cena, chiusi nel bivacchetto a lume di candela. Dopo cena pare si apra, qualche raggio di sole annuncia il tramonto, ma poi ahimè si richiude, contrariamente alle previsioni, e si mette a piovere e nevischiare. Alle 21.30 ci ritiriamo in branda, io al solito posto vicino alla mia finestrella aperta sulla Grivola. La notte si dorme bene, nonostante un “bah” lanciato nel sonno da Rita nel cuore della notte.. All’una di notte c’è una stellata fantastica e sono ottimista per l’indomani, ma alle 4 piove di nuovo e c’è nebbia, e non riesco più a dormire. Alle 6 suona la sveglia, ma non ci alziamo, visto che tanto è ancora coperto e nebbioso.Poi finalmente alle 7 comincia ad aprirsi, ed assistiamo ad un’alba indimenticabile. Il sole sorge da un banco di altostrati, dietro la Tersiva, e inonda di luce la valle, sommersa da un ribollire di nubi bianche, che si infrangono e si sfilacciano come onde sulle creste, impigliandosi tra le vette, e accavallandosi le une alle altre… Da restare senza fiato. Di albe in montagna ne ho viste a decine, ma ogni vlta l’emozione è unica, la sensazione di essere sfiorati dal primo raggio di sole che inonda di calore e di vita le valli e le creste, è sempre fantastica, e ogni volta meravigliosamente diversa…

E mi viene in mente la citazione di Rigoni Stern che alcuni di noi conoscono assai bene..

“Io domando tante volte alla gente: avete mai assi*stito ad un'alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. E' uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall'uomo vi può dare, questo spettacolo della natura. Ad un certo momento, prima che il sole esca dall'orizzonte, c'è un fremito. Non è l'aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l'erba, che fa fre*mere le fronde se ci sono alberi intorno, l'aria stessa, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle. E per conto mio è proprio il brivido della creazione che il sole ci porta ogni mattina.”

Con questi pensieri nella testa, dopo colazione partiamo, abbandonando questo luogo di solitudine alla volta della Punta Rossa. Risalire la caotica pietraia è come al solito laborioso, nonché faticoso, ma con qualche imprecazione e qualche “zio chen” ne usciamo fuori, sulla spalla della nostra montagna. Nel silenzio rotto solo dai nostri passi sugli sfasciumi, saliamo fino a 3430 m circa, dove lasciamo qualche kg di materiale inutile.. ripartiamo con calma, più leggeri, e ci alziamo di quota, fino ad arrivare nei pressi della cresta, col terreno gelato e spolverato di neve. C’è una buona traccia, ma in un punto un po’ balordo,a 3530 m, preferisco legare Rita, e così posso poi recuperarla facendole un minimo di sicurezza. Il resto della salita è più semplice, a parte qualche tratto in cui bisogna fare attenzione per via del terreno gelato, e finalmente usciamo su terreno facile, e sulla vetta… Sono molto contento anche per Rita che non è mai stata così in alto, non avevo dubitato un secondo che ce l’avrebbe fatta senza problemi!! Ci godiamo la vetta in solitudine per un po’, ammirando il panorama immenso e i gioghi di luce creati dalle nubi in movimento, e gustandoci il silenzio _ enjoy the silence! -. Poi arrivano dei francesi rompic… e maleducati, che manco salutano quando lasciamo la vetta..A malincuore lasciamo la vetta, sempre legati, e torniamo dove avevamo lasciato il materiale. Rifatto lo zaino il peso è di nuovo tosto, e scendiamo tra qualche nebbia al colle della Rossa, con panoramico sentiero su sfasciumi e ancora sfasciumi… Pranziamo al colle, con breve puntatina alla vicinissima Cresta del Lauson 3208 m, poi ci abbassiamo nel vallone del Lauson, tra gli stambecchi e la “civiltà”… infatti qui comincia ad esserci più gente. Purtroppo la luce è bruttissima per via delle nuvole, e così questo posto perde un po’ di bellezza.. Passiamo al famoso rifugio Vittorio Sella, quindi è l’eterna strada di caccia, ed arriviamo al campeggio di Valnontey disfatti… Ma ci meritiamo una Hofbrau bella fresca, quindi da turistelli in ciabatte col bus ritorniamo a prendere l’auto a Cogne. La sera festeggeremo con una bella cena valdostana questa fantastica gita. Il vallone del Pousset e quei posti lassù hanno qualcosa di magico, non mi stancherò mai e poi mai di tornarci, una parte del mio cuore abita ormai lì da quasi dieci anni..


Le foto qui: http://www.roby4061.it/photobook/puntarossa.htm


 




 

mercoledì 5 settembre 2007

ogni volta


E ogni volta che viene giorno
ogni volta che ritorno
ogni volta che cammino e
mi sembra di averti vicino
ogni volta che mi guardo intorno
ogni volta che non me ne accorgo
ogni volta che viene giorno
E ogni volta che mi sveglio
ogni volta che mi sbaglio
ogni volta che sono sicuro e
ogni volta che mi sento solo
ogni volta che mi viene in mente
qualche cosa che non c'entra niente
ogni volta
E ogni volta che non sono coerente
e ogni volta che non è importante
ogni volta che qualcuno si preoccupa per me
ogni volta che non c'è
proprio quanto la stavo cercando
ogni volta
ogni volta quando....
E ogni volta che torna sera
mi prende la paura
e ogni volta che torna sera
mi prende la paura
E ogni volta che non c'entro
ogni volta che non sono stato
ogni volta che non guardo in faccia a niente
e ogni volta che dopo piango
ogni volta che rimango
con la testa tra le mani
e rimando tutto a domani


Vasco Rossi


 

domenica 2 settembre 2007

ghe son tornà a baita..



"Ci sono delle persone che si incontrano, prima si assaggiano, poi quando si sono assaggiati e un po' stu­diati vedono se possono camminare insieme."

Mario Rigoni Stern