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lunedì 31 marzo 2008

Scialpinismo: Colle Occidentale del Grant Etret 3144 m

Avevo in mente da anni, da quando faccio scialpinismo, la salita alla Testa del Grant Etret. Ogni volta che salivo a Pont Valsavarenche vedevo quel lungo vallone, e quel ghiacciaio là in fondo che attirava la mia curiosità. Spesso ho sentito parlar male di questa gita, dal punto di vista sciistico.. in effetti c’è uno spostamento notevole (12 km a/r) e per metà vallone pendenza quasi nulla… e perciò temevo una discesa poco entusiasmante, di dover spingere tanto, e ci tenevo quindi a fare sta benedetta punta per non tornare più.
 


Partiamo nel freddo e nell’ombra del parcheggio di Pont alle 8.10. La via è lunga. Mi fermo a fare una foto e perdo subito contatto col gruppo… per fortuna dopo un po’ ritrovo l’Alex. Il vallone di Seiva è tutto in ombra ancora. La salita prosegue con pochissima pendenza, nel fondo di questo vallone, a fianco del torrente Savara, che nasce proprio dal ghiacciaio del Grant Etret. L’innevamento in zona è abbastanza desolante. Il versante ovest della Grivola è pressoché spoglio di neve fino a 3900 m, ghiaccio verde affiora sulla Nord della Monciair e sui Denti del Broglio. Amarezza… se è così adesso non oso pensare all’estate, questi ghiacciai stanno soffrendo già ora.
 


Io e Alex giungiamo al sole, dove il vallone fa una curva e si allarga, da queste parti dovrebbe esserci ciò che resta dell’Alpe del Grant Etret 2176 m, ma non vedo niente. Il sole è molto caldo, ma dal ghiacciaio arriva un’arietta bastarda.  Sali e sali, sotto i Denti dei Broglio la pendenza finalmente aumenta un po’. Siamo praticamente sul ghiacciaio. E io comincio di nuovo ad andare in crisi.. a parte il fiato corto, sono le gambe che mi stupiscono, non riesco a smaltire l’acido lattico tra un passo e l’altro… stringo i denti, mi fermo ogni venti metri, tiro giù i santi dal calendario per le pelli che spesso non tengono e mi fanno scivolare lo sci indietro, facendomi fare il triplo della fatica. Il buon Alex è con me, gli altri boh, saranno in cima da un pezzo.
 


La traccia va a destra, e mi insospettisce. Da sotto però sembra che la vetta sia dritta di fronte a noi.  Pur ricordando dalle relazioni che bisognava salire al colle orientale del Grant Etret, salendo poi alla cima per la cresta orientale, un po’ per via della traccia, del fatto che nessuno è andato di là, e che immagino (sbagliando) si possa salire anche dal colle occidentale, proseguiamo di qua.
 


Sono decisamente stanco e mi trascino ormai per inerzia e per forza rabbiosa di volontà, quando incrociamo gli altri compagni che scendono, e ci dicono che la vetta non è quella dove stiamo andando… apriti cielo… fioccano giù santi e madonne, lì per lì sono notevolmente nervoso. Ormai siamo qui, non ha senso scendere per riprendere la via giusta, e poi sono troppo stanco. Proseguiamo di qui, imprecando contro le pelli che non tengono. Lascio andare Alex avanti, lo raggiungo poco dopo, esausto, sul colle occidentale del Grant Etret.
 


Non c’è molta aria e non fa molto freddo, mi siedo dieci minuti per riordinare le idee. Mi riprendo abbastanza in fretta, e saliamo a piedi per il largo crestone fino ad un punto a circa 3160 m, ed eccola là la Testa del Grant Etret… cento metri più ad est, e cinquanta più alta… irraggiungibile da qui. Ci separa da lei un saltino di rocce e neve per niente banale e non abbiamo la corda. Niente da fare, abbiamo “cannato” colle, la vetta rimane là dov’è. Sgrunt!
 


Mi faccio sbollire il nervoso per un’errore di valutazione così idiota guardando il panorama… che a picco sulla valle dell’Orco è splendido. Laggiù si vede anche il Monte Soglio, e poi il Bessun, la Lera, le imponenti Levanne, la Grand Aiguille Rousse, la Grand Casse… e il Bianco, le Jorasses… la Grivola
desolatamente spoglia..


Molto bella anche la vista sulle vicine Mare Pèrcia e Punta Fourà, e su tutto il lungo vallone di Seiva che abbiamo percorso. I nostri soci sono fermi sul ghiacciaio in basso, è ora di raggiungerli. Mangiucchio qualcosa, giusto per mettere qualcosa nello stomaco, poi ci prepariamo a scendere. La prima parte è un po’ tecnica…neve ventata e lavorata, ma sciabile con attenzione. Man mano che si scende migliora decisamente, un canale dove è già passata molta gente è bellissimo, e raggiungo così gli altri amici. Arriva anche Alex, giusto una sosta per bere, e poi giù… senza mangiare, cerco di reggere fino all’auto.. Su questo tratto di ghiacciaio la neve è bella, crosta da vento dura, sembra una pista. E più si scende meglio è, è passata tanta gente, anche in discesa dal Grampa, e quindi sembra di sciare in pista. Il nervoso per la vetta mancata si smaltisce curva dopo curva, col sole che mi picchia sulla testa, e i movimenti armoniosi di curva dopo curva, nonostante le gambe stanche.
 


Un canale ci porta sulla parte di vallone più piatta, la pista si trasforma in una specie di toboga, che man mano che si scende si fa più stretto, e tutto curvette, dossi, cunette, sassi affioranti, piante, ontani, larici… divertente però, anche perché la neve è bella. A fianco del torrente scendiamo così praticamente senza spingere, nonostante la scarsa pendenza. Ci vanno ottimi riflessi, perché è facile perdere il coordinamento con tutte ste cunette e saltini, non ci va molto a sbagliare l’impostazione e rompersi la testina… bello però, ecco il bosco, e usciamo sull’ultima parte di discesa. Ecco, questa sì è davvero piatta, ma in fondo siamo quasi arrivati. Si spinge un po’, fino alla pista di fondo, ma non è così tragica…
 


Patisco un po’ questo tratto perché ho lo stomaco pressoché vuoto e ormai attorcigliato su sé stesso visto che non ho mangiato quasi nulla. Arrivo al parcheggio accaldato ed esausto. Ci metto un buon quarto d’ora a riordinare le idee. La prossima volta me ne sbatto e mangio quando ho fame, dodici anni di montagna e ancora ci casco come un fesso… ciò dimostra che non si smette mai di imparare, e che la montagna è sempre lì pronta a darti lezioni. E oggi me ne ha date due..
 


Mi cambio, e raggiungiamo il bar, dove ci sediamo fuori all’aperto. Un toast e una birretta piccola mi fanno pressoché “resuscitare”, il caldo sole di fine marzo fa il resto. Ora si ragiona. E’ sempre bello finire la giiita davanti ad una birra e/o un panino, tra amici, a parlare di salite del passato e progetti futuri. E di conti da chiudere…
 


La Testa del Grant Etret è diventato uno di questi…bella gita però, l’ambiente è spettacolare, la discesa non è così pallosa come spesso ho sentito dire. Anzi, è stata una delle migliori di questa stagione sottotono. Torneremo, parola mia, torneremo a chiudere questo conto…la Testa del Grant Etret ci aspetta!


le foto qui: www.roby4061.it/photobook/etret.htm

4 commenti:

  1. Lo scialpinismo mi attira un sacco ma non l'ho mai praticato...

    Posso solo immaginare il silenzio del salire verso la meta, senza nessun rumore attorno se non il proprio fiato e lo scivolare delle pelli di foca sul manto bianco...


    Belle foto, come sempre!

    Maria Chiara

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  2. grazie! si è un'esperienza meravigliosa... specie in primavera... quando come sabato, scendendo nel bosco senti il forte odore del larice, accentuato dal calore del sole di fine marzo... l'ho sentito al volo mentre scendevo, per pochi istanti, ma mi ha riempito il cuore... è una delle sensazioni più belle che mi da lo scialpinismo..

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  3. ...anche noi siam arrivati fin lì.... sbagliando in pratica! ma va bene uguale! sempre un bel posto! la prossima volta magari ce la facciamo a fare la punta giusta!;)

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  4. sì!! è da tornare, e saldare il conto!

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