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giovedì 20 marzo 2008

Gli occhi del silenzio

Spulciando sull'hard disk del mio computer, ho trovato questo vecchio racconto... coincidenza l'ho scritto quasi esattamente 6 anni fa... dopo una scialpinistica in solitaria...mi piaceva, e mi piace, l'ho appena riletto.

Non ricordo se l'ho già postato sul blog, ma se l'ho fatto è sicuramente stato tanto tempo fa... lo riporto quindi alla luce.

Buona lettura.

Gli occhi del silenzio


La valle era immersa nel silenzio, il silenzio del primo mattino di un giorno di primavera. L’aria ancora frizzante gli ricordava che l’inverno, in montagna, era ancora dietro l’angolo. Si guardò intorno, non c’era anima viva, l’unico rumore era quello del torrente, che con i primi tepori primaverili si stava risvegliando. Si preparò a partire, si mise lo zaino e si mosse lungo le rive del torrente, entrando presto nel lariceto. Avanzava muovendo alternativamente gli sci, quasi ipnotizzato dal rumore che essi facevano sulla neve gelata. Quando uscì dal bosco fu inondato dal sole, i pendii superiori gli apparivano in tutta la loro bellezza, il cielo era di un azzurro profondo, sembrava finto tanto era intenso, tutta la valle era avvolta in una limpidezza insolita. Fece una breve pausa e poi ricominciò a salire.


Avanzò di pochi passi, e si fermò nuovamente: alcuni rumori nel bosco attirarono la sua attenzione, gli sembrò che qualcuno lo seguisse. Ascoltò attentamente, ma non sentì più nulla, e proseguì oltre. Il sole era molto caldo, rivoli di sudore gli scorrevano sul volto, si fermò ancora ad ascoltare le voci della montagna, il suono del torrente ormai laggiù nella valle, ed ebbe nuovamente la sensazione di essere osservato, ma da chi? Non vedeva nessuno intorno a sé, tutto questo però cominciava a dargli un certo senso d’inquietudine. Avvolto nei suoi pensieri continuava a salire, avanzando sui dolci pendii, spingendo lo sguardo sempre più lontano, e voltandosi un attimo indietro vide una sagoma femminile sbucare dagli ultimi radi larici, là in basso.


Allora non era solo una sensazione – pensò, e osservò quella persona che stava salendo velocemente. Fu colto da un sussulto quando la riconobbe. Era lei, ne era sicuro, era il suo angelo custode. L’ultima volta che era apparsa dal nulla le avrebbe voluto parlare, ma non c’era mai riuscito, neanche allora: l’unico modo con cui comunicavano era attraverso lo sguardo, attraverso quegli occhi chiari, quell’espressione che gli diceva tutto quello che c’era da dire, senza rompere il magico silenzio della montagna. L’aspettò, e quando lei gli si affiancò, si lanciarono il solito sguardo d’intesa, e ripresero a salire insieme. Erano le uniche due persone in tutta la valle, ma si sentivano sereni e tranquilli, mentre si immergevano nel loro mondo, quel mondo fatto di neve  e di freddo, di valli e di creste, che ogni giorno dell’anno sognavano di percorrere insieme, e ora che ciò accadeva, come le altre volte, solo i loro occhi comunicavano i sentimenti che affollavano i loro animi. Risalivano la dorsale in perfetto silenzio, integrati perfettamente nell’ambiente che li circondava, come se facessero parte della montagna, le loro sagome si stagliavano contro il blu profondo del cielo d’aprile, sotto un sole caldo e vitale.



Arrivarono sulla vetta, e si trovarono di fronte lo spettacolo unico di una vista a perdita d’occhio di montagne innevate. Presero un po di fiato, e poi si sedettero ad osservare quell’impareggiabile visione, sempre un assoluto silenzio. Era la terza volta che si incontravano, ma nessuno dei due, ancora una volta, riusciva a parlare, nessuno dei due aveva il coraggio di rompere quella specie di incantesimo che li avvolgeva. Si prepararono per scendere: il sole era caldo, troppo caldo per aspettare ancora. Quando furono pronti si guardarono negli occhi: il volto di lei era sereno e il vento le accarezzava i capelli, gli sorrise e con un cenno lo invitò a cominciare a disegnare le curve sul pendio immacolato. Dopo di lui si lanciò nella discesa, e insieme segnavano il versante della montagna con una serie di serpentine, perfettamente regolari, ricamando quel lenzuolo bianco in simmetria perfetta.


L’unico rumore era quello dei loro sci, ma ad un tratto accadde ciò che si aspettavano, e che, in un certo senso, stavano cercando. Era già successo anche le altre due volte, quando si erano incontrati allo stesso modo, quando lei era apparsa come dal nulla: prima era stato lui a riportarla alla vita, l’ultima volta era stato il momento di lei. Si erano salvati a vicenda, uno era l’angelo custode dell’altra, uniti da un silenzioso legame, che nasceva appena si incontravano su quella montagna, un legame in grado di donare la vita l’un l’altra. E ora cosa sarebbe successo? Un tonfo sordo scosse la montagna, il lastrone si staccò sotto i loro sci, vennero travolti entrambi nel carosello bianco. Si cercarono con lo sguardo, incrociarono i loro occhi spaventati, mentre la valanga li trascinava verso valle.


Non si sa che cosa passò nelle loro giovani menti in quegli istanti, lottavano per la vita, lottavano per capire che cosa li aspettava dopo quel gelido circo, chi, ora che tutti e due vi erano dentro, li avrebbe riportati alla vita. Quando la massa nevosa fermò la sua corsa, la montagna tacque di nuovo. Si trovarono mano nella mano, non si sa come, a lato della valanga, semisepolti, infreddoliti ma vivi. L’avevano superata, ce l’avevano fatta, si erano salvati entrambi, ancora una volta. Ed era la terza, l’ultima. Si guardarono mentre le lacrime rigavano i loro volti, erano lacrime di gioia, una gioia immensa, la gioia di essere tornati alla vita, insieme. I loro cuori battevano ancora all’impazzata, mentre raccoglievano gli sci in mezzo alla neve. Il rumore degli attacchi ruppe il silenzio, e ricominciarono a scendere, come se nulla fosse accaduto, verso valle, verso la vita.



Avevano perso la cognizione del tempo, non capivano - né avrebbero voluto saperlo - quanto tempo avevano passato su quella montagna, quel giorno. Era il tramonto, non sembrava vero, non potevano essere rimasti lassù tutto il giorno. Invece di dirigersi verso valle, verso le loro case, le loro rispettive vite, si volsero verso la montagna, verso il loro nuovo mondo, mentre gli ultimi raggi di sole di quel giorno illuminavano le creste, immerse nella luce dorata del crepuscolo, mentre mano nella mano, stavano per rompere quel loro magico silenzio, alla vigilia della loro nuova vita.



18 marzo 2002


 


Monte Lion 2009, 28 gennaio 2001, tra neve e cielo.

 


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