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martedì 7 novembre 2006

estate infinita

Oggi ho già postato qualcosa. Ma una settimana fa avevo iniziato un racconto, poi lasciato a metà. Il caldo di oggi mi ha donato l'ispirazione per finirlo. Eh già, a volte l'ispirazione per scrivere mi viene anche mentre sono alla guida, tornando a casa dal lavoro, sulla Tangenziale di Torino.....

Ecco a voi, anche questo racconto finirà spero entro un paio di anni su un libro di itinerari, foto e racconti sulle alpi occidentali a cui sto lavorando con l'amico Giampaolo.

Buona lettura.

ESTATE INFINITA


Risaliva a fatica il pendio di sfasciumi che precedeva la vetta. Non era più un giovanotto, gli acciacchi del tempo si facevano sentire. Il sole era già alto, caldo, implacabile. Si guardò intorno, era molto tempo che non tornava lì. Ovviamente nulla era più come prima. Tutto ad un tratto gli venne in mente quel giorno di trent’anni prima. Era il 22 settembre. Era il 2003. Se lo ricordava bene quel giorno. A settembre avanzato, dopo l’estate più calda dal 1750 ad allora. Ricordava bene quell’estate, coi ghiacciai in agonia, le temperature oltre i 40°. E si ricordava quella salita alla Punta Marmottere in quel 22 settembre. Faceva ancora caldissimo, l’estate sembrava non avere mai fine. E mentre era lassù pensava “prima o poi finirà questo incubo… ancora poche settimane e sarà di nuovo inverno”. Così pensava.


Ma non fu così. Lui aspettava l’autunno, l’inverno, la neve che tornasse a ricoprire i fianchi delle sue montagne. Non arrivarono. Né l’autunno, né l’inverno, né la neve. Quell’anno fu il punto di non ritorno. Si sapeva che sarebbe dovuto succedere prima o poi, già dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso era chiara la tendenza che stava prendendo il clima. Dopo il 2003 nulla fu più come prima. Ora osservava, salendo, le immani distese di sassi là dove trent’anni prima c’era il ghiacciaio. I pascoli risalivano fin oltre i ruderi del rifugio Tazzetti. Il lago di Malciaussia era circondato dalle piante d’alto fusto. La piccola borgata era diventato un vero e proprio paese, ripopolato dalla gente che tanti anni prima aveva abbandonato la montagna per scendere al piano. Il processo si era invertito, ora dalla pianura si tornava a ripopolare le montagne, per sfuggire alla calura insopportabile delle basse quote. – Già, il ghiaccio – pensava. Aveva vaghi ricordi di come si saliva allora le montagne.. da quanto tempo non usava più la sua piccozza e i suoi ramponi. Da quanto tempo non vedeva la neve. Si fermò un attimo a riprendere fiato. Ancora pochi passi, era in vetta. Aveva portato con sé delle vecchie fotografie, di quella salita di trent’anni prima. Si sedette stanco, sudato, esausto. Si tolse lo zaino, e tirò fuori quelle foto. Le prese in mano, e cominciò ad osservarle. Prima la foto, poi alzava lo sguardo verso l’orizzonte. Gli salì un groppo in gola. E una lacrima cominciò a rigargli il volto. Dov’erano finite quelle montagne? Dov’erano quei ghiacciai, quei scintillanti torrenti, la neve dorata? Alzò gli occhi gonfi di lacrime al cielo. Un sole implacabile lo colpì in pieno volto, lo accecò. – Che stupido sono, guardare il sole senza occhiali protettivi! – pensò. Non vedeva più niente. Buio completo. Non sentì più quel calore quasi insopportabile. E udiva uno strano ticchettio. – Ma che diavolo… - a tentoni nel buio la sua mano toccò il pulsante della luce. – Stavo sognando…. – si alzò seduto sul letto. Respirava affannosamente, madido di sudore. Alzò lo sguardo verso la finestra. Alla luce del lampione miriadi di fiocchi cadevano silenziosi, danzando nella notte. Nevicava. Non si sentiva alcun rumore, solo il fruscio del vento. – Ma che razza di sogno assurdo…. – ripeteva tra sé e sé… guardò il calendario appeso alla parete. La data era 12 dicembre 1984.


5 commenti:

  1. Splendido il finale a sorpresa... sogno o incubo?

    A propos... ho finito di scaricare "Sogni" di Kurosawa... magari stasera inizio a vederlo.

    Valete

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  2. Bel racconto.

    Perchè proprio il 12 dicembre 1984?


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  3. perchè 12 dicembre 1984? non lo so... è la prima data che mi è venuta in mente.

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  4. Caro Roberto,

    questo tuo racconto è non solo bellissimo, ma anche struggente e pieno di amore...come gli altri che ci sono sul tuo sito che io visito spesso.

    Leggendo la tua ultima "opera" mi vengono in mente i commenti che io e mio marito ci troviamo così spesso a fare quando i nostri passi ci riportano a qualche ghiacciaio visto qualche anno prima..... "guarda come si è ritirato, l'altra volta arrivava fino a qui!"....non so perchè il fatto che i ghiacciai si ritirino metta così tanta tristezza, forse è perchè è un segno tangibile del tempo che passa....forse perchè è una dimostrazione della nostra stupidità che ci induce a distruggere invece di proteggere e conservare ciò che c'è di meraviglioso.....

    Paola

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  5. grazie paola, in effetti anche a me viene ormai da piangere a guardare le montagne. sono solo dieci anni che vado in giro per valli, ghiacciai e creste, ma ho visto già cambiare tutto. ed il fatto è che sarà sempre peggio, stiamo contribuendo a distruggere ciò che ci circonda e non vogliamo capire che è ora di fermarsi. grazie ancora per i complimenti, sempre molto graditi.

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