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mercoledì 13 febbraio 2013

Annapurna? Everest? K2?

No... semplicemente "la Granta" in una giornata ventosa...

Granta Parei 3387 m, alta valle di Rhemes


sabato 9 febbraio 2013

la mia versione sul "triste caso dei cani del Moncenisio"

Ho letto con stupore e rammarico l'articolo di SOS GAIA sull'allevamento e scuola sleddog del Moncenisio che da qualche settimana è salito agli onori della cronaca.

Avendo vissuto quella realtà, conoscendo l'allevamento ed i proprietari, posso affermare senza dubbio che l'articolo è un'accozzaglia di affermazioni senza senso, scritto da chi non conosce nè lo sleddog nè le razze di cani da slitta.
Innanzitutto, per quanto riguarda le catene, il canile è in territorio francese e soggetto alle normative di tale nazione, secondo le quali sono perfettamente in regola.

I cani a pelo corto sono di razza Hound, incrocio tra siberian husky, lupo alaskano e levriero, quindi un cane di razza nordica selezionato appositamente per gare di sleddog e molto diffuso anche nei paesi del nord. Per ovviare all'eventuale "minor resistenza al freddo" tale razza ha un'alimentazione particolare atta a compensare la minor massa grassa rispetto ad un siberian husky o ad un alaskan husky. Proprio in questi giorni, in territorio francese, si è svolta un'importante gara internazionale di sleddog. La maggior parte delle mute erano composte da Hound.


E i cani che la compongono, così come i mushers, hanno sempre dormito all'aperto, con qualsiasi temperatura, anche sotto i -20°, senza alcun problema nè "blitz" da parte di "animalisti". E' questa la vita dello sleddog, è fatta di cani, neve, gelo, freddo, vento, a volte anche fatica, che uomini e cani condividono in pieno.
Tutti i cani dell'allevamento sono seguiti dal punto di vista sanitario e sono tutti nutriti a dovere, e posso confermarlo visto che l'ho fatto anche io per due mesi, ed in pieno inverno. Quando, per essere precisi, l'unica sofferenza visibile semmai era la mia, che sicuramente sono meno adatto a vivere ai climi freddi rispetto ad un cane di razza nordica.

Ogni cane ha la sua cuccia, e non è vero che hanno le catene così corte che non arrivano al proprio riparo, perchè è premura sia dei proprietari che dei volontari che a vario titolo danno il loro contributo, seguirli e controllare che sia tutto a posto, dalla pulizia, effettuata più volte al giorno e con qualsiasi clima, all'alimentazione, all'abbeveraggio.

Per inciso, durante le giornate di tormenta, nonostante avessero le cucce ben raggiungibili e sgombre dalla neve (cosa che ci si assicurava fosse così, dalle due alle quattro volte al giorno, e talvolta pure di notte), la stragrande maggioranza dei cani se ne stava tranquillamente all'aperto, incuranti del vento, della neve, del freddo,  del gelo, accucciandosi a ciambella come madre natura ha insegnato loro a fare da secoli, nonostante avessero la cuccia a disposizione.
Quando leggo che tali cani sono "costretti" controvoglia a "trainare" una slitta, prima mi viene da sorridere, e poi mi sale la certezza che l'autore dell'articolo non ha mai visto Jenna o Styl prima di una partenza. La loro voglia di correre è tale che è quasi impossibile tenerli a bada. E i cani che non hanno questa possibilità quel giorno, non si risparmiano a scene di gelosia ed invidia.

Posso assicurarlo poichè l'ho visto coi miei occhi, e credo di avere ancora gli occhi per vedere ed una testa per ragionare.
Conosco personalmente i proprietari dell'allevamento e so quanto amore danno ai loro animali, quanti sacrifici economici fanno per la loro salute, quanto soffrono quando uno dei loro piccoli amici se ne va, anche solo per vecchiaia.

Mi chiedo se un cane da slitta, geneticamente selezionato per resistere ai climi freddi, sia più felice di scorazzare sulla neve e vivere in quell'ambiente, oppure "crepare" di caldo in una città di pianura, magari in un appartamento, senza la possibilità di fare quello che ha nel DNA, cioè correre nella neve.
Forse questi signori non sanno che, ad esempio, quando la temperatura dell'aria supera i 15°, i corsi di sleddog vengono annullati dai proprietari della scuola perchè sono temperature troppo elevate per l'attività fisica dei cani.

Forse questi signori non sanno che il "lavoro" nello sleddog è diviso tra animali e musher, se il musher non collabora (con grosso dispendio di fatica, credete forse che si faccia trainare senza fare nulla?), i cani non procedono e giustamente si fermano, voltandosi indietro con aria interrogativa. Lo sleddog è uno sport in cui il legame tra cane e uomo è fortissimo, come del resto in ogni caso in cui l'uomo ed il cane lavorano assieme.
Il rispetto verso il proprio animale è la base fondamentale di questo sport, e sia Tiziano che Roberta fanno di questo principio una ragione di vita.
Per cui non credo ad una sola parola di quell'articolo, perchè conosco quella realtà, conosco quei cani uno ad uno, li ho amati per il periodo in cui ho prestato  il mio contributo lassù, e sono sicuro  al 100 % che sono altrettanto, anzi, sicuramente di più, amati dai loro proprietari.
Sono un amante degli animali e se avessi visto delle situazioni di sofferenza me ne sarei ben accorto, non ho mai visto niente di tutto questo, al Moncenisio ho solo visto dei cani felici.
Roberto Maruzzo