SULLE STRADE DELL’EST
10-20 agosto 2010
Non è facile riordinare le idee e le foto dopo 11 giorni e 3500 km per le strade dell’est. E’ stato un viaggio molto bello, ricco di cultura e spunti di riflessione, oltre allo spirito “vacanziero” classico. Da Erto a Redipuglia, da Mostar a Sarajevo, da Dubronik a Zara sono molte le cose da raccontare, anche perché era da molto tempo che volevo visitare questi luoghi.
Il ricordo più bello rimane legato all’ospitalità dei Bosniaci, alla bellezza dei paesaggi della Bosnia, alle città di Mostar e Sarajevo, con evidentissimi ancora i segni dell’assurda guerra terminata poi soltanto 15 anni fa, ma ricche di vita. E’ stata piacevole la sensazione di camminare in una città che sta rinascendo dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice.
Ma andiamo con ordine, partendo dal primo giorno, martedi 10 agosto.
10 agosto – Rivarolo C.se – Longarone – Diga del Vajont – Erto – Casso – Barcis
Sveglia ore 3. Senza fare colazione mi dirigo a Rivarolo, dove ci troviamo per caricare l’auto. Alle 3.50 partiamo alla volta dell’Est. Non c’è traffico, alle 8 siamo già a Longarone. Breve visita al memoriale della tragedia dell’ottobre ‘63. Il paese è completamente ricostruito, la chiesa, interamente in cemento armato, è forse la più brutta che ho mai visto. Al solito, quando si ricostruisce, si dimentica l’architettura del luogo per costruire degli obbrobri che non stanno né in cielo né in terra. Bah.
Saliamo quindi verso Erto, da Longarone la diga del Vajont è “beffardamente” al suo posto, resistette infatti all’onda. Parcheggiamo nei pressi della diga, per la visita guidata. Dal 2007 è possibile percorrere il coronamento della struttura, là dove c’era la strada di servizio spazzata via dall’onda. Certo che è impressionante, la frana sul Toc, con il suo caratteristico profilo ad M è una presenza opprimente, il resto della montagna è nel mezzo della valle, là dove c’era il lago. La storia del Vajont, ormai, grazie allo spettacolo commovente di Paolini del ’97 ed ai libri di Mauro Corona è ben conosciuta. Rimane l’interrogativo di come si siano potuti ignorare i segnali che la montagna dava.. potere del dio denaro, ancora una volta macchiato di sangue. Ricordo il libro della Merlin, le sue indagini, ostacolate da più parti… ma del resto scriveva per l’Unità…
Rimane impressionante anche solo pensare ad una quantità tale di roccia e terra che cade in un lago a 90 km/orari.. l’onda che scavalca la diga, che si incanala nella strettissima gola del Vajont, per poi esplodere all’uscita del canyon, di fronte a Longarone, e cancellare in un attimo duemila vite.
Dopo la diga saliamo a Casso e poi Erto vecchia. Molto, negli stretti vicoli dei due paesi, è rimasto come allora. Case diroccate, porte e finestre sprangate, sono due paesi mezzi morti. All’ingresso di Erto c’è un traliccio piegato dall’onda e rimasto lì così com’è da quasi 50 anni. C’è una certa atmosfera di decadenza, anche se qualche giovane è tornato ad abitare la Erto vecchia e qualche timido segnale di rinascita c’è. Saliamo ad Erto nuova, e davanti alla bottega di Mauro Corona, appare lui in persona, ma non è della giornata e dell’umore adatto per fare conversazione. Peccato, sarà per un’altra volta.
Nel primo pomeriggio il tempo peggiora notevolmente, tuona dalla val Cimoliana. Percorriamo tutta la strada che fa il giro del “lago”, a tratti sterrata e con diverse gallerie. E’ in parte la strada originale degli anni sessanta che circondava il bacino artificiale. Dopo scendiamo a Barcis, dove faremo sosta per la notte in campeggio. Nel pomeriggio tuona e piove, la sera ci troviamo con degli amici per bere qualcosa ed un saluto, prima di andare a nanna, la giornata è stata pesante e l’indomani ci aspetta un lungo viaggio.
Foto su: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/vajont.htm
11 agosto – Barcis – Redipuglia – Vgorac
Altra sveglia mattiniera, oggi di chilometri ne abbiamo da macinare. Cercheremo di spingerci più in fondo possibile alla Croazia. Da Barcis percorriamo la valle piena di impianti idroelettrici (infatti il Vajont era la summa del reticolo idroelettrico della zona), giungendo a Maniago e quindi a Pordenone, dove ci immettiamo in autostrada. Ne usciamo a Redipuglia, per visitare il Sacrario Militare. E’ mattino presto, non c’è praticamente nessuno, e l’atmosfera è abbastanza inquietante.
Saliamo lungo le immense gradinate, migliaia di nomi indicano i caduti delle undici grandi battaglie sull’Isonzo, Prima Guerra Mondiale. Tra i nomi trovo un Maruzzo Angelo, nome tra l’altro molto comune nella mia famiglia.. potrebbe essere un lontano parente…indagherò. Proseguiamo fin sulla sommità della collina e del sacrario, dove una Cappella racchiude i resti di trentamila (TRENTAMILA!!!) militi ignoti. Cioè trentamila soldati, trentamila persone di cui non si sa il nome. Assurdo. A ragione quella guerra venne definita dal papa dell’epoca come “assurdo macello”.
Nei dintorni del Sacrario vi sono una planimetria in rilievo con le posizioni del fronte nel 1916, e diversi cannoni e monumenti ai vari corpi dell’esercito che presero parte alle battaglie. Questo Sacrario fu fatto costruire dal Duce nel Ventennio, ed infatti lo stile è inconfondibile. Una beffa, tra l’altro, visto che fu terminato nel 1938, giusto in tempo per cominciare un’altra guerra mondiale…e preparare il terreno per altri sacrari.
Bah.
Ripercorriamo le gradinate in discesa, sotto il sole che ora picchia forte, ed è ora di rimettersi in viaggio, direzione est e poi sud-est. A Trieste superiamo la frontiera con la Slovenia, non ci sono indicazioni chiare sulla “vignetta autostradale” (ho visto solo di sfuggita un cartello scritto a pennarello di 40x50 cm con scritto sopra “vignetta qui”), quando i miei amici erano stati due anni fa c’erano i normali caselli.. infatti è una novità del luglio 2009.
Quando usciamo dall’autostrada per prendere la statale, ecco la polizia che ci ferma appena usciti dal casello.. un bel foglietto con lo spiegone in italiano e 300 euro di multa. Che si riducono a 150 se si paga subito.. maledetti sloveni. Il poliziotto ammette che la cosa non è ben segnalata. Si stanno italianizzando, e studiano i modi per inculare gli stranieri…
Bah. Ormai la frittata è fatta.. entriamo in statale ancora schiumando di nervoso, ce lo faremo passare fermandoci in una gostilna (trattoria) in territorio sloveno, prima di passare il confine.
Almeno sul cibo e sulla birra gli sloveni ci trattano bene..ripartiamo, siamo in breve alla frontiera e senza problemi entriamo in territorio croato. Passata Rupa, entriamo poi in autostrada. E ne percorriamo centinaia di km, con paesaggio decisamente monotono e brullo. L’autostrada, penso la più grande opera pubblica della Croazia degli ultimi 40 anni, passa lontano dalla costa, in un territorio dove non c’è assolutamente nulla. Prima boschi, poi colline di pietre e arbusti, con pochissimi villaggi, quasi nessuna strada, qualche casupola diroccata. Il nulla più totale, secco e arido per molte decine di chilometri. Mi ha molto colpito questa cosa. L’autostrada finisce poco prima di Vrgorac, che raggiungiamo per una statale tutta curve, sospesa su una valle. Vista l’ora tarda e i circa 700 km percorsi, decidiamo di fermarci in un piccolo ma moderno hotel lungo la statale. Proseguendo si troverebbe il bivio per il santuario mariano di Međugorje, che si trova a meno di 30 km in territorio bosniaco.
Ceneremo in un piccolo ristorantino (Ristoran TIN, nome assurdo..), con degli ottimi raznjici e una splendida birra fresca. Il primo impatto con la cucina croata è decisamente positivo. Andiamo a dormire decisamente stanchi.
Foto su: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/redipuglia.htm
Fine prima parte.
Che meraviglioso viaggio...
RispondiEliminala Bosnia, dovrei vederla!
RispondiEliminasi è stato un viaggio ricco culturalmente. avrei dovuto passarci più di due giorni in Bosnia, ma prima o poi ci torno, e possibilmente prima che si "occidentalizzi" troppo..