Statistiche

lunedì 18 luglio 2011

Uja di Ciamarella 3676 m, per la cresta Est dal vallone di Sea





Ci sono quelle salite che prima ti affascinano, poi sogni, poi insegui ed alla fine realizzi. 15 anni fa cominciavo a camminare per i sentieri delle mie valli, e rimasi subito affascinato dalla cresta est della Ciamarella, la più alta vetta delle valli di Lanzo, coi suoi 3676 m, e sognai che forse un giorno avrei salito quella cresta.
 
Salii l’Uja nel settembre 1998 per la via normale, in una splendida giornata di forte vento gelido. Poi passarono gli anni, ed un po’ di esperienza in più ha cominciato a spingermi a sognare seriamente quella salita.. lo scorso anno eravamo pronti per farla, ma il caldo atroce di inizio luglio ci fece desistere. Quest’anno l’abbiamo presa “per la coda”, fidandoci ciecamente delle previsioni e della finestra di bel tempo prevista per la domenica mattina.
 
Siamo solo in due, io e l’amico Beppe, a partire da Forno Alpi Graie 1219 m, imboccando la stradina ed il sentiero per il Vallone di Sea. E’ qualche anno che non torno qui, ma è sempre magico, ed ora ci sono cartelli e segnali che ricordano la storia alpinistica del vallone. Il Nuovo Mattino è nato tra qui e la contigua valle dell’Orco. Gli spiriti di Grassi e Motti ci osservano ancora da queste pareti.
 
Su un masso, detto “il libro” c’è la firma di Gian Carlo Grassi e di altri alpinisti che hanno aperto vie sulle lisce pareti di Sea.
 
Percorriamo tutto il vallone, il clima è assai afoso, e la fatica si fa sentire. Superiamo il Gias Balma Massiet, e poi l’Alpe di Sea. Il ginocchio mi da assai fastidio, non ha ancora smaltito la Levanna Orientale della domenica precedente. Piccola sosta, poi saliamo al Piano di Sea, solitario e poetico. Non c’è nessuno in giro. Oltre il piano non salgo da dieci anni.. si sale ripidi sulle “scale di Napoleone”, questo ultimo tratto ci spezza le gambe, arriviamo al bivacco Soardi-Fassero un po’ stanchi, ma abbiamo evitato la temuta pioggia. Siamo in parte avvolti dalla nebbia, ma dentro al ricovero si sta benissimo.
 
Tempo di cambiarci e riprenderci, e ci prepariamo una bella polentina concia per pranzo, poi, visto che domani ci dovremo alzare prestissimo, ne approfittiamo per un paio di ore di sonno, nella pace di quassù.
 
Le “speranze” di Beppe vengono esaudite, e veniamo svegliati dall’arrivo di due fanciulle (!!!). Sono due escursioniste, ci faranno compagnia al bivacco. Viene presto ora di cena, diamo fondo a buona parte delle provviste. Nel mentre fuori si incupisce, si mette a piovere. Dopo cena arriva dalla Francia un furioso temporale, che scarica un bel po’ di acqua, grandine e fulmini che rimbombano per tutta la montagna. E’ sempre bello godersi un temporale in montagna al riparo come questa sera…Dura un bel po’, poi si allontana martoriando la valle e sfociando in pianura.
 
Qui l’aria si fa più limpida, il profilo dell’Uja di Mondrone fa da cornice ai continui lampi e fulmini verso est. Viene ora di ritirarsi in branda, domani ci si alza alle 3.  La notte scorre tranquilla, dormo bene, e quando mi sveglio sono abbastanza riposato.
 
Esco fuori, è stellatissimo, ottimo. Facciamo colazione in silenzio, poi, alle 3.45 lasciamo il bivacco. Il sentiero non è evidente, ci sono pochi ometti, ed alla sola luce delle frontali facciamo un po’ fatica a tenere la traccia giusta. Perdiamo una ventina di minuti ravanando al buio, e sono consapevole che è bene non sbagliare traccia, perché qui siamo su delle balze rocciose. L’erba è bagnata ed una scivolata potrebbe essere fatale. In ogni caso, con pazienza ed intuito riusciamo a trovare e mantenere il sentiero. Percorriamo tutto il vallone, lasciano a sinistra il caratteristico masso erratico (ottimo punto di riferimento), poi siamo sul primo nevaio, a quota 2400. Lo superiamo direttamente, poi la traccia prosegue su terreno morenico mentre la Stura di Sea fa un rumore impressionante a pochi metri.
 
Il secondo, grande nevaio, lo superiamo sulla destra, per una ripida rampa di terriccio cedevole e detriti. Un passo avanti e due indietro, usciamo allo sbocco del vallone glaciale abbastanza stanchi. E qui rimango sorpreso. La fronte del ghiacciaio di Sea non è più qui, e non si vede nemmeno dove possa essere. Ma quello che mi impressiona è il ritiro della seraccata del ghiacciaio Tonini. Me la ricordavo rigogliosa, possente, scendere con una cascata di seracchi sul sottostante ghiacciaio di Sea. Ora al suo posto c’è una parete di rocce lisce, e i seracchi sono in alto, sospesi su di essa. E’ incredibile come sia cambiata la montagna negli ultimi dieci anni.. sigh.
 
Nel frattempo schiarisce, spegniamo le frontali. Aggiriamo una fascia di rocce montonate, ed è chiaro il percorso che dovremo fare, nel valloncello detritico e nevoso che ci porterà al ghiacciaio dell’Albaron di Sea. Sembra ben innevato (per fortuna, altrimenti sarebbe una distesa di pietre immonde), e quindi mettiamo i ramponi.
 
C’è un discreto rigelo, ma non sempre sufficiente a tenere il nostro peso, per cui la marcia comincia ad essere faticosa. E sarà solo l’inizio…Ci alterniamo a battere la traccia, studiando la via migliore tra i vari raccordi di neve. Lasciata alla nostra sinistra la gobba detritica quotata 2980 m, siamo quasi al bordo del ghiacciaio dell’Albaron. Per un altro nevaio, con un ultimo tratto ripido e ricoperto di grandine gelata, usciamo sulla calotta superiore del ghiacciaio, al sole. L’ambiente è solitario e grandioso, immenso, e ci siamo solo noi. La marcia è sempre più faticosa, quando la neve sembra tenere, sfonda.. lo strato di grandine del temporale di ieri sera è rigelato, ma non ha permesso un buon rigelo della neve sottostante. Ci portiamo sulla calotta dell’Albaron di Sea, e puntiamo alla “clessidra”, il canalino nevoso che raccorda il ghiacciaio con il “pan di zucchero” e la parte finale della cresta est della Ciamarella.
 
In realtà la “clessidra” non è più nevosa come una settimana fa, ed è impraticabile. Saliamo per il pendio di neve sempre più ripido (40°), sprofondando ad ogni passo, fino alla fascia rocciosa. Superiamo questa sulla destra, per sfasciumi faticosi ed instabili, ma abbastanza agevoli, fino ad uscire alla base del “pan di zucchero” , il caratteristico pendio di neve e ghiaccio a 40-45° che culmina sull’anticima della nostra montagna.
 
Ci leghiamo, e passo avanti io per far riposare il socio. La musica non cambia, questa neve balorda sfonda quasi ad ogni passo, e questi 150 m sono estenuanti. Salgo per la massima pendenza fino a quando non trovo ghiaccio vivo sotto lo strato di grandine e mi sposto a sinistra, andando in traverso ascendente fin quando la pendenza diminuisce. Quasi alla sommità sono esausto anche per il male al ginocchio, e ci ricambiamo al comando della cordata.
 
A Beppe l’onore di fare gli ultimi metri ed uscire sulla cima del “pan di zucchero”. Di fronte a noi la parte finale della cresta, bellissima. Pochi metri di cresta nevosa e siamo sull’anticima della Ciamarella, quota 3637 m. Si scende leggermente, e poi c’è una fascia di roccette esposte da superare. Alla nostra sinistra 1800 m più in basso c’è il Pian della Mussa, alla destra il pendio nevoso si inabissa sulla parete nord. Il passaggio è meno ostico del previsto. Con un’assicurazione “volante” su uno spuntone Beppe supera il passaggino, poi è il mio turno, traversino con i piedi sulla neve sull’orlo della nord, ma per le mani ci sono belle fessure per tirarsi su, ed in breve siamo fuori.
 
Ora, di fronte a noi, l’ultima parte di cresta, la più bella, sinuosa ed elegante, a fil di cielo. E’ quella che sognavo di percorrere da anni, ed infatti mentre salgo mi vien la pelle d’oca dall’emozione. La neve qui è bella portante, ma bisogna guardare bene dove si mettono i piedi, visto che il fianco destro precipita lungo la parete nord. Non ci sono cornici sul lato sud, e questo rende meno complicate le cose. Siamo stanchi ma felici quando raggiungiamo il punto in cui la cresta est si fonde con la via normale. Ormai la vetta è lì. Pochi metri e ci siamo, siamo arrivati. Dopo 13 anni sono di nuovo quassù, ma salendo per la via più bella che c’è a questa montagna. Ci stringiamo la mano, è stata faticosa, ma ce l’abbiamo fatta.  Le condizioni della neve ci hanno fatto impiegare più tempo del previsto, 5 ore e mezza dal bivacco. Ci concediamo una pausa di 40 minuti in vetta, anche se intorno a noi stanno montando le classiche nebbie delle valli di Lanzo. Scrivo ad una persona laggiù, che aspetta mie notizie, giusto un pensiero per chi, in ogni caso, è come se fosse salito quassù insieme a me.
 
Il panorama è un po’ limitato dalle nebbie, ma comunque bellissimo, ed a perdita d’occhio. Poi decidiamo che è meglio scendere, anche perché le cordate che avevamo visto in salita sul ghiacciaio della normale erano molto lontane ancora. La nebbia però ci gioca un brutto scherzo, la nevicata di ieri sera dopo la grandine fa il resto, avendo livellato completamente le tracce. Pensando di scendere la via normale, facciamo un errore seguendo un canale nevoso, assai ripido, che si raccorda più in basso con il “traversone” della normale. Non è difficile, ma le condizioni della neve e la stanchezza impongono una discesa faccia a monte che ci impegna un po’.
 
Scendiamo comunque puntando ad un tipo che sembra in difficoltà, sta effettuando un traverso a velocità ridotta, tornando indietro. Anche le cordate sul ghiacciaio hanno preso la via del ritorno, rinunciando alla vetta. Usciamo sotto le nebbie, e la pendenza diminuisce quando intercettiamo le tracce del tizio, e lo raggiungiamo.
 
E’ un po’ scosso e ci racconta del suo socio che è scivolato, ruzzolando su questo terreno delicato (sfasciumi cementati da grandine, neve e ghiaccio) per un centinaio di metri buoni, fermandosi prima del salto di rocce che piomba sul ghiacciaio. Questo è poi sceso con le sue gambe fino al ghiacciaio, dove è assistito da alcuni istruttori del CAI Saluzzo, quelli della gita sociale che avevamo visto dall’alto. Il suo compagno è un po’ in crisi, e scende con noi, seguendo le nostre orme. Il terreno si fa più facile, ora finalmente riconosco la via normale, ma guardando indietro non si vede niente, il pendio di sfasciumi è un unico pendio nevoso assai ripido. Comunque, in ogni caso, siamo fuori dai casini.

Scendiamo per la buona traccia fino sul ghiacciaio, e poi ci dirigiamo dal ferito, che è già stato bendato dagli altri alpinisti. E’ malconcio, con un braccio fuori uso e pieno di escoriazioni e lividi, ma può ringraziare il Padre Eterno, visto che è caduto rotolando senza casco per più di un centinaio di metri su quel terreno..han già chiamato l’elicottero, ma non si sa se riuscirà a salire, viste le nebbie che vanno e vengono. Se non salirà, dovremo scendere a piedi accompagnando il ferito.
 
Ma poi arriva l’elicottero, fa un primo giro passando alto, poi con una schiarita ritorna, fa un volo radente alla cresta della Ciamarella. Facciamo i segnali di chiamata, ma sparisce sul versante francese.. un attimo di sconforto, ma probabilmente doveva solo studiare la corrente, perché ritorna subito e si dirige verso di noi.
 
Non ero mai stato così vicino ad un elicottero del Soccorso Alpino, e beh, di aria ne fa girare parecchia… l’intervento è rapidissimo, scende il tecnico, aggancia sé stesso ed il ferito al verricello, e l’elicottero si rialza in volo, sparendo oltre le nuvole.
 
Ed ora non ci resta che scendere… il sole va e viene, quando si infila tra le nebbie, c’è da morire di caldo. Appena riparto il ginocchio destro comincia a farmi male.. ed il dolore mi accompagnerà fino al Pian della Mussa. Scendiamo il ghiacciaio, ormai la neve è molle, abbiamo perso parecchio tempo anche in discesa, ma per una buona causa, direi.
 
A quota 3100 finisce il ghiacciaio, ci sleghiamo e togliamo ramponi e piccozza, e lo zaino torna ad essere pesantuccio. La traccia scende sulle morene, io devo fare i passi al rallentatore, perché ho male ogni volta che carico il ginocchio. Lentamente raggiungiamo il Pian Gias, e poi il bivio dove troviamo il resto della gita sociale in attesa di quelli che si sono fermati ad assistere il ferito (che comunque non faceva parte della loro comitiva).
 
Si scende tutti insieme, il paesaggio cambia, le pietre e le ghiaie lasciano spazio ai pascoli ed al verde. In breve (si fa per dire) arriviamo al Gias della Naressa, e quindi sul classico sentiero del Gastaldi, dove ci sorprende la pioggia. Il classico rovescio pomeridiano estivo delle valli di Lanzo.
 
Lascio che la pioggia mi cada addosso, non è fastidiosa e mi rinfresca. La stanchezza si fa sentire, il sentiero è scivoloso, sono dolorante e non posso ancora permettermi di rilassarmi. Ecco il Pian dei Morti, ecco il canale delle Capre, ecco il termine della discesa e Rocca Venoni. Attraverso la Stura ed arrivo anche io al parcheggio di Pian della Mussa, 10 minuti buoni dopo Beppe. La traversata è finita, siamo arrivati.
 
Tra le persone conosciute al pian Gias troviamo un passaggio in auto fino a Ceres, dove abbiamo lasciato un’auto. Scendiamo subito, per poi risalire a Forno Alpi Graie a recuperare la mia, di auto. Il socio deve scappare, quindi niente sosta in piola.. scenderò fino a casa, dove finalmente potrò bermi una birra e mangiare un bel panino caldo, visto che oggi abbiamo saltato pranzo e sono andato avanti solo con qualche pezzettino di grana..
 
Sono stanco, dolorante, ma felice. Ho realizzato un sogno che inseguivo da anni, ora quando guarderò quella cresta dalla pianura la guarderò con uno sguardo diverso, e probabilmente con un filo di emozione. E’ bello quando realizzi dei sogni che hai cullato per così tanto tempo. E’ stato un vero e proprio viaggio, dai 1200 m di Forno Alpi Graie ai quasi 3700 della vetta, partendo dal caldo fondovalle dei boschi, e salendo per il solitario vallone di Sea fino al regno dei ghiacci e delle rocce, fino a quella sinuosa cresta di neve a cavallo del cielo. E poi ancora la lunga discesa sull’altro lato della montagna, ritornando nuovamente ai pascoli del pian della Mussa.
 
Già, un vero e proprio viaggio. Indimenticabile. Nel bene e nel male, emozionante ed indimenticabile, sulle mie montagne, su quelle montagne che mi guardano dall’alto da più di trent’anni.

Le foto sul sito:
http://www.roby4061.it/2005/photobook/2011/ciamarella.htm

Nessun commento:

Posta un commento