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venerdì 24 settembre 2010

Uja di Mondrone 2964 m, cresta dell'Ometto (AD)


Da qualche anno avevo in mente questa cresta (difficoltà AD), e da ben 14, da quando ho cominciato ad andare in montagna, volevo salire l'Uja di Mondrone, per noi "locals" semplicemente l'Uja. E’ detta il “Cervino delle valli di Lanzo”, per come appare dalla pianura, piramide isolata e aguzza e ben distinta.

E così, visto il tempo buono, con Elisabetta e Romano, i miei primi soci di gite, si decide di andare il week-end del 11 e 12 settembre.

Partiamo nel tardo pomeriggio di sabato da Molera 1478 m, in meno di due ore di buon sentiero siamo al bivacco Molino 2280 m, comodo e spazioso. Ci siamo caricati di litri di acqua, perchè lungo il percorso, vista la stagione avanzata, non ce n'era. Non fa freddo, e con calma prepariamo un'ottima cena a base di polenta e salsiccia, accompagnata dal mio solito vinello valdostano.

Nel frattempo arrivano altri due alpinisti, anch'essi diretti alla cresta dell'ometto l'indomani. Un sorso di genepy, poi, prima di andare a nanna, mi attardo fuori dal bivacco ad osservare le stelle, che sono miliardi, è ben visibile tutta la via lattea, e la luce siderale rischiara le valli quasi come ci fosse la luna.

La notte è tranquilla, vengo svegliato dai movimenti degli altri ospiti del bivacco, guardando fuori vedo che le valli sono coperte da un gran bel mare di nubi. L'alba, infatti, è spettacolare, su quel tappeto immobile di nuvole. Colazione, e verso le 7.35 lasciamo il bivacco. Le luci del primo sole colorano di rosa la bella parete Nord dell'Uja, dove corrono classiche vie alpinistiche, come la Rosenkrantz e la Dionisi.

In meno di un'ora siamo al passo dell'Ometto, sotto al quale pascolavano alcuni begli stambecchi. Al passo tira un'arietta frizzante, ci leghiamo e attacchiamo la cresta. Sono stati cancellati i bolli rossi che indicavano la via, che comunque in molti tratti è logica, solo in alcuni si perde un po' ed è facile infognarsi, specie in caso di scarsa visibilità. Per fortuna oggi non corriamo il rischio, il mare di nubi se ne stà in basso e questo venticello tiene pulita la montagna.

La prima parte di cresta è solo in parte "arrampicatoria", rocce rotte e qualche passaggio di II, mai troppo esposta. Salgo per ora con gli scarponi, ben tranquillo a metà corda tra Romano ed Elisabetta.. Dopo il primo salto ed un tratto orizzontale in cui si cammina, la cresta si raddrizza nuovamente, e si arriva al tratto più impegnativo. Visto che le ho portate pure io, mi metto le scarpette, ma senza calzini, e tolgo pure i guanti per avere più sensibilità. Si attraversa un canale piuttosto esposto, è uno dei tre tiri sucessivi che faremo in sicurezza, per il resto tutto il percorso di cresta si può fare in conserva, più o meno protetta.

Il traversino in effetti, su placca, è già "interessante". Poi si sale verticalmente su roccia magnifica e ben appigliata, quindi rocce rotte ed altri bei tratti di arrampicata divertentissima che non supera mai il III, anche nei tratti più verticali. Fa solo un po' freddo a salire scalzi, ma non ne posso fare a meno, visto che le scarpette con le calze era impossibile indossarle..

Si potrebbe salire tranquillamente in scarponi, ma visto che le avevo portate, tanto valeva metterle. La maggior parte della cresta è dietro di noi, qualche vecchio bollo al minio mezzo sbiadito indica la via qua e là, ormai vedo il sole che mi illumina il viso e capisco che siamo in vetta. La pendenza si abbatte di colpo, pochi passi sulla pietraia sommitale e siamo a suonare la campana della cima. Che soddisfazione! Il panorama è spettacolare, soprattutto sulle montagne delle mie valli, ed il mare di nubi da il tocco in più.

Rimaniamo in vetta una mezzoretta, poi c'è da affrontare la discesa per la via normale del versante sud, che non è per nulla banale. Il percorso, infatti, si snoda in un sistema di cenge, salti e canalini, e la moltitudine scriteriata di ometti e segni rossi può indurre in errori e in varianti più esposte e difficili. Il mare di nubi è salito di quota, ma rimane per fortuna ancora basso, la nebbia su questa discesa non sarebbe divertente. La concentrazione deve essere sempre al massimo, si disarrampica in molti tratti, e ovviamente senza assicurazione, visto che scendiamo ormai slegati. La discesa di 500 metri ci impiega quasi un'ora e mezza, alle 12.45 finalmente siamo fuori dai casini e possiamo rilassarci e pranzare.

Fa molto caldo, e quando riprendiamo la discesa ormai sono in pantaloni corti. Finalmente c'è il sentiero, e dal bivio dell'alpe le Piane in giù, questo diventa morbido e più piacevole. Alle 15.30 siamo a Molera, decisamente accaldati. Cambio di vestiario, e giù ad Ala di Stura per festeggiare, con un paio di toast ed una birrazza gelata questa spettacolare gita, un gran bel dentino tolto, per un altro week-end alpinistico di grande soddisfazione.

Ho "dormito" tutta l'estate, ma in zona Cesarini ho infilato due colpacci che sognavo da tempo...

foto: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/uja.htm

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