Ho appena finito di leggere questo che è più famoso romanzo di Ivo Andrić, lo scrittore di origine serba, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1961, per la sua capacità di raccontare la sua terra.
Di Andrić avevo già letto “I racconti di Sarajevo”, sull’onda emotiva del mio viaggio in Bosnia-Erzegovina dell’agosto 2010 e della mia “fame di sapere” su quel martoriato territorio balcanico.
Tra i molti libri che mi ero procurato, c’era anche questo, sapendo della sua fama. E’ un libro fondamentale per conoscere e capire la storia e la cultura della Bosnia-Erzegovina, paese crocevia di religioni e genti diverse.
A Sarajevo e Mostar mi colpì proprio la fusione di queste due culture, di questi due mondi, quello occidentale e cristiano, e quello orientale e musulmano, e del come vivessero – ora – in apparente armonia.
Come ben sappiamo, soprattutto a causa degli eventi degli anni 90, la cui memoria è ancora viva e le ferite sono ancora ben visibili, non è sempre stato così, ed anche leggendo “Il ponte sulla Drina”, si capisce quanto sia stata travagliata la storia di questo angolo di mondo.
Il romanzo ruota attorno al ponte sul fiume Drina ed alla città di Višegrad, che si trova nella parte orientale della Bosnia al confine con la Serbia. Il ponte fu costruito su iniziativa di Mehmed Paşa Sokolovič, un ragazzino rapito nel 1516 dei dintorni di Višegrad e portato a Istanbul, capitale dell’impero turco, dove, dopo anni di addestramento militare, vestì dapprima la divisa dei giannizzeri e divenne poi gran visir della Bosnia durante il regno di Solimano il magnifico (colui che, tra l’altro, fece costruire lo Stari Most, il famoso ponte vecchio di Mostar).
Tramite una serie di racconti, personaggi caratteristici e aneddoti ambientati con l’onnipresente figura del ponte, Andrić descrive la storia di Višegrad e della Bosnia-Erzegovina, area da sempre al confine tra quei due mondi così vicini eppure così lontani e diversi.
A partire dal XVI secolo, dal dominio dei turchi, fino alle prese di coscienza nazionalistica dei Serbi, dall’occupazione dell’Impero Austro-Ungarico, alle guerre balcaniche di inizio novecento, fino al 1914, anno in cui si concludono il romanzo e la cronaca degli avvenimenti legati al ponte.
Quell’anno in cui, nella capitale bosniaca Sarajevo, lo studente serbo Gavrilo Princip assassinò l’Arciduca Ferdinando, erede al trono asburgico, e sua moglie. Fu l’inizio della Prima Guerra Mondiale, un singolo episodio in quella terra che si prese l’appellativo, forse non del tutto errato, di “polveriera dei Balcani”.
E’ un romanzo storico e particolare, io l’ho trovato appassionante e trascinante, con diversi paragrafi e personaggi anche divertenti ed un finale “a sorpresa”. Un romanzo molto utile per comprendere la complessità di un territorio, quello dell’ex-Jugoslavia, da sempre crocevia di popoli, culture, tradizioni.
Quel ponte è ancora lì. Ha visto secoli e secoli di avvenimenti travagliati, guerre, bombardamenti, ma nonostante tutto era, è e rimane lì, a sorvegliare la Drina che continua, a volte impetuosa, a volte placida e tranquilla, a scorrere sotto le sue arcate, con il suo carico di storia.
« Le lunazioni si susseguivano e le generazioni sparivano rapidamente, ma il ponte restava, immutabile, come l’acqua che scorreva sotto le sue arcate. »
Ivo Andrić, “Il ponte sulla Drina”
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