Salita al Nadelhorn 4327 m
11 e 12 luglio 2009
Ed ecco iniziare la stagione alpinistica in grande stile…la nostra meta originaria era l’Allalinhorn per la Hohlaubgrat, ma vista l’impossibilità di trovare posto alla Britanniahutte, viene fuori quest’idea, il Nadelhorn 4327 m per la cresta nord-est (la via normale, PD), consigliata dall’amico Davide, che con Chiara ha salito la nord della Lenzspitze giusto una settimana prima, quindi ha percorso la via normale del Nadelhorn in discesa e riferito le condizioni. Sento il socio Gianpaolo (Gp), aggiudicato, si va!
Partenza sabato mattina alle 7 da Caselle, via verso il Sempione. Ci fermiamo per un caffè ad Iselle, dove ci incontriamo con Alex diretto al Dom dei Mischabel. Passo del Sempione, Briga, Visp, quante volte ormai ho percorso questa strada verso Saas Fee.. ci arriviamo per le 11, parcheggiamo, ci prepariamo e ci carichiamo il pesante fardello sulle spalle. L’Allalinhorn ci osserva beffardo, ma sta tranquillo che prima o poi ti “prendiamo”..
Attraversiamo il paese, mescolandoci ai turisti. Decidiamo di non prendere la funivia, faremo gli uomini duri e al massimo la considereremo per il ritorno se saremo devastati. Usciamo dal paesello, attraversando una foresta di larici secolari, seguendo un sentiero che comincia ad alzarsi per i pascoli di Trift, sempre più ripidi. Numerosi e regolari tornanti ci fanno prendere rapidamente quota, a 2250 metri. Oltre gli ultimi, spettacolari larici contorti, ci fermiamo per mangiare qualcosa. Riprendiamo la salita, per fortuna il clima è gradevole, il sole è nascosto da numerosi cumuli e quindi evitiamo di schiattare di caldo su di qua.
Prendo un buon passo, salgo regolare senza troppe soste, il rifugio è lassù, sembra sempre così vicino ma non lo è. Arrivo ai primi cavi metallici, il sentiero è un po’ esposto, quando sono sulla cresta rocciosa mi fermo ed aspetto Gp, nel mentre, per sicurezza, indosso l’imbrago, nei punti più esposti del sentiero attrezzato mi auto assicurerò con longe e moschettone..non si sa mai. Mi son portato dietro anche il caschetto, lo indosso, ma effettivamente forse è un eccesso di prudenza.
I primi 50 metri di cresta rocciosa già mi sfiancano… ero arrivato “riposato” fino lì, ma questo tipo di terreno, con lo zaino pesante, è davvero stancante… la cresta è ben attrezzata con cavi e gradini infissi nella roccia e una scala verticale di 5 metri, comunque un percorso non banale, da fare con molta attenzione. Quasi quattrocento metri così, mi spompano e arrivo al rifugio alle 16 decisamente stanco, del resto da Saas Fee sono più di 1500 metri di dislivello. Poco dopo arriva Gp, possiamo darci una sciacquata, metterci le ciabatte e “annunciarci” al singolare gestore del rifugio… un elemento decisamente caratteristico!
Dopo cambiatici la cosa più “urgente” è una bella birrazza fresca… e si comincia a ragionare. C’è tempo anche per un riposo in branda (siamo sistemati nel “gelido” rifugio invernale) prima dell’ottima e abbondante cena. La maggior parte degli ospiti del rifugio è diretta alla nord della Lenzspitze… non li invidio in tanti su quella parete! Si va a nanna decisamente presto, alle 21.15, dopo un tramonto piuttosto scialbo.
Nonostante la quota elevata (3340 m) riesco a dormire bene… ma la voglia di alzarsi, quando alle 3 il gestore entra urlando in camerata annunciando la colazione, è davvero poca!! Penso che a quest’ora, il “popolo della notte”, laggiù nella piatta pianura deve ancora andare a dormire, e io invece mi alzo…scatta la solita domanda “ma chi me lo fa fare??”
Esco fuori, l’aria è frizzante, nubi lenticolari stupende sono illuminate della luna, la cui luce si riflette poeticamente sui ghiacciai dell’Alphubel, del Dom, della Lenzspitze… qualche raffica di vento da conferma ai miei sospetti. Quelle nubi sono un chiaro segno, in quota c’è un ventaccio della malora! Colazione, ci prepariamo e alle 3.55 partiamo alla luce delle frontali. Cominciamo a salire lungo lo sperone roccioso dietro al rifugio, faticoso come inizio, ma poi il fisico ingrana. Superando un’altra scaletta, arriviamo quindi a circa 3600 m di quota, da dove scenderemo sull’Hohbalmgletscher. Ci leghiamo e parto come capocordata. Il vento come previsto è assai fastidioso, solleva turbini di neve che arrivano a 50-60 km orari contro il viso, effetto “piling” assicurato. Mi sbattono in faccia anche le cinghie dello zaino, e non è piacevole! Intanto ad est l’alba comincia ad accendersi, tra strati nuvolosi scuri risalta il rosso dell’aurora ad est. Quando siamo a metà ghiacciaio il cielo e le nubi si infiammano, i primi raggi indorano l’Allalinhorn, il cielo è un caleidoscopio di colori, dal rosso, al giallo, all’arancione, al rosa, a varie tonalità di blu e grigio. Una sciabolata rosa colpisce il Windjoch tra le nebbie, la vetta è invisibile, immersa in uno di quei banchi di nubi stratiformi che arrivano da nord-ovest a grande velocità.
Il vento è sempre irritante, la rampa per il Windjoch un po’ faticosa, ma usciamo in cresta a 3850 m di quota, verso l’Oberland il cielo verso ovest è nerissimo, lame di sole illuminano qua e là le montagne, davanti a me la parete est del Durrenhorn contrasta col blu delle nuvole. Spettacolare. Comincia la cresta, il vento qui è davvero al limite della sopportazione, a raffiche irregolari. Lo scaccia neve è esasperante, corro ai ripari per evitare di surgelarmi il viso, mettendomi la mascherina. Inizio a pensare che, se non molla un po’ sto vento di m… rischiamo di non arrivare su!
Continuiamo a salire, il cielo cambia di continuo, arriva il sole, la cresta si libera, il vento comincia a mollare un po’ la presa. C’è un’ottima traccia, che passa a destra del filo (dall’altro lato ci sono cornici), osservo la nord della Lenzspitze, che affollamento… proseguiamo a buon passo, mi sento in forma, e quando salgo in condizioni climatiche “avverse” finisco per accelerare il ritmo senza accorgermene.. non così il socio di cordata che ogni tanto mi avverte di fare una pausa! Giunti al primo affioramento roccioso della cresta, vorrei aggirarlo sulla destra, per non trovarmi proprio sul filo di una crestina nevosa un po’ aerea con quel vento, ma sono costretto a farlo perché la traccia bassa fa un traverso sul ghiaccio e non mi piace.
Superato questo “ostacolo”, la cresta torna semplice, fino al secondo affioramento che si aggira sulla destra, su buona traccia con un tratto un po’ più ripido per ritornare sul filo, fino alla base del castelletto terminale. Vedo gente tribolare un po’ in discesa, mi aveva detto Davide che era delicata, e quindi bisognerà stare molto all’occhio. Ultima pausa, poi attacco il pendio finale di neve, qualche affioramento di ghiaccio e roccette, sfasciumi cementati dal gelo. Ci sono buone orme, ma è necessaria comunque attenzione quando si va di conserva sprotetta come in questo caso. Un paio di incroci con due cordate in discesa sono poco piacevoli, ma si passa tutti. Il secondo tratto nevoso, il più ripido, è il più impegnativo, e lo sarà anche in discesa. Arriviamo alle roccette finali, ancora un traverso su neve, quindi ecco la vetta. Ci saliamo a turno, perché lo spazio è assai esiguo, sarà un roccione di un metro quadro…
Sono le 7.40, sono in vetta al Nadelhorn 4327 m, il 20° quattromila è in bacheca! Non mi sembra neanche di essere così in alto tanto sono salito bene, sono in gran forma, erano sei anni che non salivo a queste quote. Mi “dimentico” di guardare il panorama perché anche visto il tempo non proprio tranquillizzante, vorrei togliermi da qui prima possibile… è il turno del socio Gp, stretta di mano al volo, foto e ci prepariamo a scendere. Ciò che sembrava una cazzata a salire non lo è per niente a scendere, ma è sempre così su questo tipo di terreni. Ci mettiamo più tempo che in salita, naturalmente, ogni passo va fatto ponderando bene, ci si deve fidare esclusivamente delle punte dei ramponi e della becca della piccozza quando riusciamo a piantarla nella neve dura, oltre che del compagno, visto che in questo tratto, seppur breve, non c’è possibilità di assicurarsi.
Con concentrazione a mille scendiamo, quando siamo quasi fuori dai casini, il mio rampone sinistro decide che è ora di sganciarsi. Non sono nel punto più rognoso ma neanche in un posto così rilassante, imprecando riesco a far rientrare l’archetto metallico nella sua sede, e possiamo riprendere la discesa. Se non che, dopo duecento metri, si ripete lo scherzetto, e stavolta ho bisogno dell’aiuto del socio per aggiustarlo.. meno male che sono in un posto tranquillo, però volano bestemmie e santi e madonne, e mi riprometto di buttarli una volta arrivato a casa, non posso permettermi mi si sgancino in quel modo quando sei nella rogna!
Riprendiamo la discesa, mentre borbotto per altri 5 minuti almeno tra le ghignate di Gp. Riprende il vento, il sole è sparito di nuovo, ripercorriamo con calma la cresta fino al Windjoch, poco sotto facciamo una piccola pausa finchè le raffiche non ci fanno letteralmente scappare via!!
Ripasso io avanti, e accelero un po’ il ritmo, ho un quadricipite in fiamme perché ho bevuto pochissimo, ma scendendo e bevendo acqua e sali, la situazione migliora. Sulla parte pianeggiante del ghiacciaio fa fin caldo (finalmente!), prendiamo poi la traccia bassa, che attraversa tuttavia in una zona dove cominciano ad affiorare alcuni crepacci. Usciamo dal ghiacciaio a 3400 metri, appena sopra al rifugio, che raggiungiamo in breve. Finalmente possiamo sederci, mangiare e cambiarci. Un po’ di relax, spargo tutta la mia mercanzia su 3 metri quadri, poi rifaccio lo zaino diligentemente, quando me lo rimetto in spalle mi vien quasi da piangere a pensare alla discesa, ma siamo uomini o caporali??? Forza!!
La cresta attrezzata è rognosa anche a scendere, faticosa e non banale, nei punti più esposti mi auto assicuro di nuovo, considerando anche da quante ore stiamo camminando, non si sa mai. Ci mettiamo un’oretta a scendere questo tratto, poi finalmente quando raggiungiamo il sentiero tiriamo un sospiro di sollievo! Una balma rocciosa con un fondo di erbetta verde ci ospita per un veloce pranzo, quindi riprendiamo la lunga discesa verso Saas Fee. Il sentiero però è bello e rende anche in discesa, e oserei dire quasi riposante, rispetto alla cresta, tanto che verso la fine quasi smaltisco la stanchezza e scendo accennando una corsetta.
Attraversiamo Saas Fee tintinnanti di moschettoni, tra i turisti giapponesi e gli snowboarders estivi, tra le orchestrine che suonano improbabili melodie nei ristoranti e signori anziani a spasso. Raggiungiamo il parcheggio, quale goduria cambiarsi, darsi una lavata, mettersi i sandali!!! Ora, vestiti da semplici turisti, ci dirigiamo verso una birrazza gelata, ce la meritiamo!
Sono stanco (e ci credo, dopo 2550 di discesa) ma non devastato, pensavo peggio, l’allenamento di una stagione intensissima di scialpinismo si fa sentire!
Il viaggio di ritorno verso casa richiede altre 4 ore buone, ma un’ottima ed abbondante cena nella quiete del mio giardino, innaffiata da una bottiglia di Fara DOC del ‘97 aperta per l’occasione mi ritempra le forze.
Un genepi finale mette il suggello a questo lungo week-end di alpinismo, al 20° quattromila, a questa grande montagna.
BERG HEIL, alla prossima.
12 luglio 2009